Il tempo di Siena è giunto. L’esercito ispano-mediceo è fuori le mura e pone in essere l’assedio. È il 1554, l’autunno è alle porte e la sconfitta di Scannagallo ha praticamente condannato l’antica Repubblica di Siena. Loro, i senesi, resistono, asserragliati entro la cinta muraria. A dare gli ordini nel momento più disperato è il capitano francese Blaise de Monluc, il quale ha l’obbligo di organizzare un’ultima, estenuante, resistenza. Per far sì che ciò si avveri, la fame deve lasciare il passo alla necessità, anche se drammatica, del razionamento. Una spartizione delle risorse che riguarda solamente chi è in grado di impugnare una spada, il resto è una marmaglia di “Bocche Inutili“.
Quella delle cosiddette “Bocche Inutili” è una vicenda, o meglio, è una serie di vicende poco note perché quando si parla di assedio, la lente d’ingrandimento finisce essenzialmente per inquadrare il vincitore, l’attaccante, mentre il vinto, l’assediato, rischia di finire (e spesso accade) nel dimenticatoio. Attenzione, non è una fattualità tipicamente moderna o medievale. L’intera storia dell’uomo (e quindi la storia della guerra) è costellata da episodi del genere. Pensate che qualcuno abbia rivolto uno sguardo spassionato ai Galli di Alesia, bellamente assediati dal genio militare di Cesare? O spostandoci nel basso Medioevo si potrebbe fare lo stesso esempio per la battaglia di Pavia nel 1356…
Con ciò voglio semplicemente dire come l’esperienza senese servirà ai fini di una comprensione generale. Gli avvenimenti del 1554-55 sono il tornasole di una tendenza univoca nel tempo. Con Siena ho iniziato e con Siena continuo. Il capitano Monluc, si fa portavoce di una commissione per “distribuzione di Monte, per cavare dalla Città tutte le bocche disutili”. Bocche disutili, quante sono? 2.000 disgraziati, tra bambini, anziani, prostitute e tutti coloro che non garantiscono la difesa della Repubblica. In un primo momento il capitano ordina la loro reclusione all’interno del Duomo, ma una sommossa popolare scardina il comando. Lo stesso Piero Strozzi, fiorentino ma rivale dei Medici, ben conscio dei tempi non punisce i riottosi. Non che gli emarginati possano tirare un sospiro di sollievo…
Nel settembre del 1554, Blaise de Monluc scrive: “diedi il Rollo a un Cavaliero di Malta, accompagnato da vinticinque o trenta soldati, per metterli fuori; il che fu fatto dentro tre giorni dopo ch’io ebbi dato il Rollo…Io vi dico che il Rollo delle bocche inutili faceva la somma di 4400 o più” – che tradotto suona così – “4.400 e più persone sono state espulse oltre le mura cittadine, che fine faranno, solo Dio lo sa”.
La truppa spagnola, assieme a quella medicea, fa sparire le tracce di quelle anime in pena. Molti entrano nel diabolico circolo della violenza, sessuale e non. Altri muoiono di fame. Il peggio deve ancora arrivare. Le fonti indicano il 5 ottobre 1554 come dies horribilis. Da Porta Fontebranda fuoriesce una fiumana di 250 bambini (dai 6 ai 10 anni), troppo cari da mantenere, appunto “Bocche Inutili”. Alla prima ondata ne seguì una seconda qualche settimana dopo. La loro sarà una fine tragica e vana, tra l’altro, perché nell’aprile del 1555 Siena capitola ed entra a far parte di quel Granducato a conduzione medicea.
L’autorità di Cosimo I de’ Medici, col contributo di alcuni funzionari imperiali sudditi di Carlo V, redige una lista di indesiderati cacciati da Siena durante gli otto mesi d’assedio. Sono più di 4.000 (a conferma dei numeri di Monluc), ovvero il 20% circa della popolazione senese pre-guerra. Frasi ad effetto non ne ho. Questa è la natura umana, lo è sempre stata.