Al momento in cui scriviamo sono ben 107 anni gli anni che ci separano dai sanguinosi eventi di Verdun, l’iconica battaglia svoltasi quasi per l’intero 1916. Ma se nelle scuole si studia l’esito che quella battaglia ebbe sul campo, noi oggi approfondiremo gli effetti che ancora oggi interessano il luogo degli scontri: 1.200 chilometri quadri all’interno dei quali l’accesso all’essere umano è rigorosamente vietato. Perché?
Partiamo con un’immediata rettifica. Oggi, nel 2023, quei 1.200 km² si sono notevolmente ridotti. L’amministrazione francese postbellica decise di espropriare i terreni dell’originaria Zone Rouge, così da procedere ad una bonifica progressiva. Perciò, se facciamo due conti, è dal 1919 che la Francia attua azioni di risanamento.
Secondo stime plausibili, ci vorranno all’incirca 700 anni per smaltire completamente il materiale bellico utilizzato in quel 1916 nell’area di Verdun. Gli anni diventano 10.000 se invece ci si chiede quanto tempo ci vorrà affinché tutte le sostanze chimiche, usate massicciamente tanto dai francesi quanto dai tedeschi, si dissolvano completamente.
Parigi ha istituito un dipartimento apposito alla bonifica del territorio, il Département du déminage. Nonostante sia operativo da diversi decenni, esso ha solo rimosso la punta dell’iceberg. Il lavoro da compiere all’interno della zona rossa è titanico. Parliamo di un’area costellata di ordigni inesplosi, proiettili convenzionali e non (alcuni caricati con aggressivi chimici), granate, munizioni degradate.
Il suolo poi è decisamente avvelenato. Piombo, mercurio, cloro e arsenico, solo per citare alcune sostanze nocive che rendono inabitabile la zona. E allora ci si potrebbe chiedere: ma con il tempo la situazione non dovrebbe migliorare? Il corso naturale degli eventi non è una soluzione al problema? La risposta è assolutamente negativa, a causa degli agenti chimici presenti nella terra di Verdun.
Prendiamo l’esempio dell’arsenico. Quest’ultimo, invece di dissolversi nel terreno, risale in superficie, inquinando il nuovo strato di terra. Verdun fu il tetro scenario della morte di circa 976.000 morti (dati aggiornati nell’ultimo decennio). La Zone Rouge non solo deve essere un luogo di memoria, ma anche un monito per il futuro.