In un recente articolo (questo per l’esattezza) l’abbiamo solamente menzionata, ma la storia della Nave Bianca e del suo naufragio merita senz’altro un accurato approfondimento. L’episodio troppo spesso passa inosservato, o comunque non si tende a dargli troppa rilevanza, eppure fu determinante, perché dalle conseguenze del medesimo scaturì una delle pagine più fosche del Medioevo inglese. Chiaramente il riferimento è la morte di Enrico I d’Inghilterra, la mancanza di eredi e il periodo dell’Anarchia che durò quasi un ventennio, dal 1135 al 1153. Su questo tema nello specifico già abbiamo detto la nostra; qui vorrei concentrarmi su ciò che accadde nel lontano 25 novembre 1120.
Allo scoccare dell’anno di grazia 1120 il Regno d’Inghilterra aveva al suo vertice re Enrico I, detto talvolta il Chierico. Egli, figlio di Guglielmo il Conquistatore, regnava da vent’anni esatti, ovvero da quando aveva occupato il trono inglese al posto del fratello Roberto, impegnato nelle Crociate. Enrico fino ad allora si era distinto come monarca intelligente, scaltro all’evenienza, innovatore in campi come quello fiscale, amministrativo e giudiziario. Cosa non meno importante: cercò in tutti i modi di promuovere l’integrazione tra anglosassoni e normanni, in un periodo storico in cui i primi dovevano ancora abituarsi al dominio dei secondi.
Nel 1103 una notizia lieta per il regno: un maschietto era nato dall’unione di Enrico (normanno di sangue) e Matilde di Scozia (nata Edith, di discendenza anglosassone). Il nascituro portava un nome pesante, William Adelin, che per noi è Guglielmo, come il coraggioso e già leggendario nonno. Il principe era destinato a grandi cose e lo dimostrò non appena assunse la reggenza temporanea del regno in assenza del padre, nel 1119. C’è da dire che amministrò con grande saggezza perché circondato da consiglieri capaci e arguti (uno su tutti il Lord Cancelliere Roger di Salisbury).
Sempre nel 1119 William partì alla volta dell’Angiò, contea in cui avrebbe contratto un matrimonio dalle forti connotazioni politico-dinastiche. L’ennesimo elemento che lasciò intendere un futuro prospero per l’Inghilterra. Eppure la sciagura se ne stava lì, ad attendere dietro l’angolo.
Ora però serve una piccola, minuscola anzi, digressione. Ricordate che al tempo il re d’Inghilterra era allo stesso momento duca di Normandia e, in virtù di tale titolo, vassallo del re di Francia? Così come Enrico I, anche William, ora rex designatus (re designato) e duca onorario di Normandia, doveva rendere omaggio a re Luigi VI di Francia. Solo che papà Enrico proprio non ne voleva sapere di inginocchiarsi al cospetto di una testa coronata che reputava alla pari e non superiore. Per superare l’impasse mandò alla corte di Parigi il figlio William, il quale eseguì il compitino e se ne tornò in Normandia, nella città di Barfleur, il porto dal quale sarebbe salpato per tornare a casa.
Ad attenderlo non lontano dal molo vi era un certo Thomas FitzStephen, capitano figlio di un capitano, quest’ultimo di nome Stephen FitzAirard. Non era un uomo di mare qualunque, bensì un fedelissimo di Guglielmo I d’Inghilterra. Egli condusse con una sua nave il Conquistatore nella spedizione conclusasi con la battaglia di Hastings. Capite bene il legame emotivo alla base dell’incontro. Perciò quando Thomas FitzStephen propose, in nome del bel rapporto tra le famiglie, di accompagnarlo da una sponda all’altra della Manica, William fu più che contento nell’accettare. E poi dai, vogliamo parlare della nave sulla quale avrebbero viaggiato? Appena uscita dal cantiere, splendida ed ammaliante, candida come la neve sotto il sole, la Blanche-Nef (letteralmente “Nave Bianca“) appariva agli uomini del tempo come una sfrecciante Ferrari dei nostri giorni.
A raccontarci per filo e per segno l’episodio è Oderico Vitale, tra le poche fonti attendibili per quanto riguarda la tragedia della Nave Bianca. Il monaco cronista dice che a bordo della Blanche-Nef non si tenne a bada il consumo di vino, il quale andò via copiosamente. Le 300 persone a bordo non spiccavano per sobrietà, per così dire. Alcune addirittura finirono in un tale stato di ebrezza da essere costrette a scendere. Tra queste vi era Stefano di Blois, il futuro sovrano d’Inghilterra.
Alla fine l’imbarcazione salpò, ma era molto indietro rispetto al convoglio reale che trasportava Enrico I. A quel punto l’alcol parlò per i festaioli, che chiesero a gran voce di aumentare la velocità e arrivare prima del re a destinazione. Un po’ perché brillo, un po’ perché fiducioso delle proprie abilità, Thomas FitzStephen spiegò le vele. Il problema è che lo fece troppo presto, perché la nave non aveva superato completamente la baia. Risultato? Il capitano non vide degli scogli al largo di punta Gatteville (dove oggi c’è un faro, proprio come monito per evitare la stessa sorte di William e compagnia cantante) e li prese in pieno.
Ciò che accadde successivamente fu la vera tragedia. Con la Nave Bianca che imbarcava progressivamente acqua e i più ubriachi che preferivano gettarsi nel gelido mare, le guardie reali mantennero il sangue freddo e calarono alcune scialuppe. Su una di queste, già sovraffollata, salì William. Mentre la traballante scialuppa tornava verso la terraferma, il principe vide sua sorellastra Matilda nuotare disperatamente per non annegare. D’istinto ordinò ai rematori di raggiungerla. In prossimità di Matilda, altri uomini finiti in mare e per di più offuscati dal vino cercarono di salire sull’imbarcazione. Questa si capovolse e finirono tutti per annegare. Morì in questo modo l’unico erede al trono d’Inghilterra.
Leggenda vuole che quando Enrico seppe della scomparsa del figlio, smise di sorridere fino al giorno della sua morte. Avrebbe regnato per altri 15 anni, fino al 1135. Si risposò per garantire un futuro alla sua dinastia, ma non generò altri figli maschi. Queste le premesse per uno dei periodi più instabili che l’Inghilterra abbia mai vissuto nella sua lunghissima storia.