L’atroce storia della morte di Pomponio Algeri è una delle tante collegate alla Santa Inquisizione e al secolo della repressione religiosa. Siamo nel XVI secolo e la Riforma Protestante scuote violentemente la penisola italiana. Nessuna deviazione dai dogmi della fede è tollerata, non nella “nazione” della fede cattolica, non così vicino a Roma.
Pomponio de Algerio nasce a Nola, guarda caso città natale anche di Giordano Bruno, collegato ad un destino similmente atroce. Rimane presto orfano di padre ma intraprende ugualmente gli studi presso l’Università di Padova. Qui diventa alunno di Matteo Gribaldi, professore e giurista molto vicino al luteranesimo per cui sarà costretto a fuggire in Svizzera nel 1555.
Per tale vicinanza, come se la colpa si trasmettesse per osmosi, Pomponio finisce in carcere. In un primo momento, le autorità della Serenissima rifiutano di concedere la sua estradizione a Roma. Volevano evitare disordini tra gli studenti di Padova. Mentre è in gattabuia, il nostro protagonista scrive una lettera piena di metafore e di poetica resistenza: “Ho trovato miele nelle viscere del leone, amenità nella fossa oscura, tranquillità e speranza di vita nel luogo dell’amarezza e della morte, letizia nel baratro infernale“.
Nel frattempo però cambiò il rappresentante di Venezia presso la Santa Sede. I tempi erano diversi e maturi per l’estradizione di Pomponio. Torturato e interrogato nuovamente, nega l’esistenza del Purgatorio, la transustanziazione, il culto dei santi e l’autorità terrena della chiesa. Si decise definitivamente: era un eretico. Come tale ricevette dunque la sua condanna, fra le più atroci di tutte: morire calato nell’olio bollente.
Il 19 agosto del 1556 è il giorno prestabilito, il giorno in cui Pomponio deve morire insieme alle sue idee, che non abiura. Il popolino accorre numeroso ad assistere al macabro spettacolo, ma sarà deluso. Come un eroe, di fronte alla morte e alla sofferenza, il giovane non si tira indietro, anzi, si fece avanti tuffandosi da sé nell’olio incandescente. Morì dopo 15 minuti di pura agonia, recitando, laconicamente, tali parole: “Accogli mio Dio, il tuo servo e martire“.
Non un urlo, né un lamento. Nemmeno un passo indietro fece il giovane, sfidò l’autorità e la morte, dando un grande esempio di coerenza. Morì per le sue idee, uno dei tanti nei secoli bui dell’Inquisizione. Oggi Pomponio Algeri è ricordato per quello che era: coraggioso e sfrontato. Il calore sciolse le sue carni, ma non bruciò i suoi ideali.