854 omicidi commessi, oltre 3.000 feriti, 86 sequestri accertati ed un numero indefinibile di atti criminali che vanno dal furto all’estorsione. Questi sono i freddi numeri dell’ETA, acronimo di Euskadi Ta Askatasuna (lett. Paesi Baschi e Libertà). Un’organizzazione terroristica che fece della violenza armata il perfetto mezzo conduttore di un’idea nazionalistica, di un’aspirazione politica e sociale: l’indipendenza del popolo basco dal governo centrale di Madrid. Con questo articolo vorrei ripercorrere le origini, il calamitoso apogeo e il tanto atteso tramonto dell’ETA.
Questa storia intrisa di sangue e brutalità ha un anno di inizio: il 1958. Allora un gruppo di studenti fuoriusciti dal disciolto Partito Nazionalista Basco formò l’associazione clandestina dall’evidente volontà indipendentista. Sia chiaro come il sentimento nazionalista basco non sorgeva dal nulla nella seconda metà del XX secolo, ma era un qualcosa che affondava le sue radici almeno dall’Ottocento inoltrato. Il paventato affrancamento dalla Spagna si esplicava attraverso due fattori: la nazionalizzazione del popolo iberico, prerogativa fondamentale per il governo di Madrid, smantellava i cardini culturali delle autonomie regionali; ed è proprio il senso di appartenenza ad un’autonomia che il centralizzato esecutivo spagnolo voleva lenire. La seconda istanza è di carattere economico, vista l’esponenziale crescita industriale che la città di Bilbao (una delle urbanità basche più rappresentative) visse durante il secondo Ottocento. Suddetta crescita si saldava perfettamente con l’afflato identitario della gente basca.
Un simile retroterra alimentò la formazione di forze politiche di stampo nazionalistico-indipendentista, in primis il Partito Nazionalista Basco (nato il 31 luglio 1895). Quest’ultimo accomunava al già caratteristico programma sociale e politico un integralismo cattolico non di facciata. Ma gli anni in cui l’ETA venne a definirsi (almeno nella sua versione armata, perché per quella politica si dovrà attendere il 1978) erano quelli della dittatura. In Spagna vigeva il regime di Francisco Franco dal 1939, anno della conclusione della guerra civile. Il Caudillo si mostrò oltre modo avverso alle proposte autonomistiche – anche costruttive – che giungevano da alcune regioni della penisola. Il risultato di questa insofferenza fu controproducente: la volontà autonomista si tramutò in fomento indipendentista.
Il primo frangente della storia dell’ETA cela una paradossale realtà dei fatti: la lotta senza quartiere dichiarata al franchismo attirò non poche simpatie all’organizzazione. All’estero questa venne vista più come un movimento sì rivoluzionario, ma nei confronti di uno stato dittatoriale repressivo di ogni libertà. Gli attentati compiuti a danno di figure simbolo dello stato franchista alimentavano questa narrazione che si rivelò, per stessa parola degli etarras (neologismo usato dalla stampa iberica per riferirsi ai membri dell’ETA), distorta, per non dire strumentalizzata.
Esatto, non c’è inesattezza più grande che definire l’ETA delle origini un semplice movimento antifranchista. L’organizzazione terroristica approfittò di questa “esposizione” internazionale che li dipinse come i buoni della storia per accogliere nelle sue fila sempre più disillusi e frustrati dal governo di Madrid. Basti ricordare che di quelle 854 uccisioni, sottolineate nelle prime battute, “solo” 72 vennero confermate durante il regime (che termina nel 1975). Merita una nota l’attentato dinamitardo all’allora braccio destro di Franco, l’ammiraglio nonché capo di governo Luis Carrero Blanco, del 20 dicembre 1973. Terroristi erano prima della morte del Caudillo, terroristi continueranno ad essere fino al primo decennio del XXI secolo.
Ricollegandoci al ’75, è cosa buona e giusta fare una distinzione. Sebbene il mito nobile dell’ETA fosse ambiguo fin dal suo esordio, è sulla lotta armata pre e post morte di Franco che si deve ragionare. Prima del crollo dell’autoritarismo gli estremisti baschi non avevano alternative nel far risuonare il loro messaggio se non tramite la violenza. Addirittura la morale cattolica chiudeva un occhio sull’angheria dei più deboli, a patto che fosse rivolta contro un potere tiranno. Eppure i soprusi, gli omicidi, i crimini non si dissolsero con il regime franchista, anzi, aumentarono negli anni immediatamente successivi. Gli etarras adottarono come giustificazione il fatto che il cambiamento pilotato da re Juan Carlos e da Adolfo Suárez (segretario generale del movimento falangista) non fosse concreto, perciò significativo.
In quell’esatto istante la componente moderata dell’organizzazione optò per la scissione, lasciando i radicali nella loro cieca crudeltà, che troverà massima espressione nel successivo ventennio. La follia omicida rasentò il macabro e il grottesco in più di un’occasione. Il 19 giugno 1987 una bomba esplose nel magazzino sotterraneo del centro commerciale Hipercor, nel centro di Barcellona. Al tuonante botto seguì lo stordimento dei sopravvissuti, la razionalizzazione dell’accaduto e la conseguente ricerca dei corpi. 21 morti e 45 feriti. L’ETA diramò un comunicato stampa in cui rivendicava l’atto terroristico ma del quale si scusava, asserendo come si fosse trattato di un errore.
Dopo lo scempio dell’87, Madrid e la Spagna tutta si applicarono con maggiore dedizione all’eradicazione delle cellule ETA presenti sul territorio. La Guardia Civil, fino ad allora vittima preferita dei terroristi baschi, fu potenziata con la creazione dei G.A.R. (Grupo de Acción Rápida), unità speciali attive nel contesto rurale, dove gli etarras proliferavano. Lo stato spagnolo cadde però nella cosiddetta trappola della “guerra sporca“. Maturò l’idea (tra gli alti ranghi dei servizi segreti e il vertice politico) di dover combattere il terrorismo sullo stesso terreno. “Tesi intollerabile per uno Stato di diritto” – citando il professore Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
La Spagna dalla salda ossatura costituzionale, democratica e garante delle fondamentali libertà, finì per togliere la vita a 28 persone, alcune delle quali neppure coinvolte nell’affaire ETA (impressionante il caso di Segundo Marey, assassinato dallo Stato per uno scambio di persona). Altra semplificazione nella quale spesso si incorre ha a che fare con l’identità dell’Euskadi Ta Askatasuna. Il movente dietro l’agire dell’organizzazione come si è detto pocanzi era di tipo antropologico-culturale, ma le spinte politiche provenivano tanto da sinistra (marxismo-leninismo) quanto da destra (nazionalismo, talvolta antirivoluzionario). Lacerazioni interne erano scontatissime e in effetti una guerra intestina indebolì e non poco l’ambizione sovversiva del terrorismo basco.
Con il tramontare degli anni ’90 e i primi 2000 l’ETA perse completamente mordente, sia in patria (neppure i più radicali tra i baschi sostenevano la lotta armata o la finta retorica del Batasuna, il volto politico dell’organizzazione) che all’estero (l’attentato alle Torri Gemelle sensibilizzò sul terrorismo a livello globale). Sessant’anni esatti dopo la fondazione, si conclude la storia dell’ETA. La cessazione dell’attività armata è firmata nel 2011, mentre lo scioglimento dell’organizzazione è datata 3 maggio 2018. È la fine del terrore in Spagna.