Nell’antico Egitto esisteva un trascendentale principio regolatore della vita di ognuno: il Ma’at. Traducibile come “armonia ed equilibrio” e spesso impersonificato da una divinità variabile a seconda del periodo storico trattato. In linea di massima rispettare il Ma’at permetteva il corretto funzionamento del tutto, in perfetta sincronia con l’ordine divino, del quale la società umana doveva esserne il riflesso ideale. Come ben sappiamo però, ogni comunità sulla faccia della terra vanta le proprie mele marce. Cosa si faceva, in tal caso, nell’Egitto dei faraoni? Si chiamava il 112 e… No, certo che no, anche se organi di polizia si formarono, almeno a partire dal Nuovo Regno, finendo poi per articolarsi a seconda delle necessità e delle evenienze contro le quali erano chiamati ad agire.
Precedentemente ad Ahmose I (1550-1525 a.C.), capostipite della XVIII Dinastia nonché primo sovrano del Nuovo Regno, non esistevano forze di ordine pubblico ben inquadrate. Logico pensarlo, vista la contigua assenza di un esercito professionale in costante servizio. A far rispettare le regole della buona convivenza erano dei funzionari stipendiati ad hoc, a seconda del contesto e della mansione.
Occorre fare l’esempio pratico così da rendere il quadro della situazione più chiaro ed intuibile. Non lontano da Tebe, nei pressi del villaggio operaio di Deir el-Medina, ove risiedevano i costruttori di tombe (che non erano schiavi! O almeno non lo erano nell’accezione contemporanea del termine), si trovavano non più di due o tre ingressi con posti di guardia annessi. Vi lavoravano dei funzionari, pagati dallo Stato egizio, che avevano il compito di impedire ingressi sgraditi e, al contempo, di non far uscire i lavoratori (anch’essi retribuiti) quando in servizio. Sembra un sistema estremamente rigido, vero? Bene, ricordate che con una mazzetta si poteva colludere la guardia di turno per poter riposare più del previsto.
Oltre a questa sorta di polizia contenitiva, esisteva un’altra forza dell’ordine che merita una menzione: le guardie del fisco. Queste accompagnavano gli esattori che ogni biennio dovevano girare in lungo e in largo il regno per il “censimento del bestiame”. Con una buona dose di minacce e mazzate (non necessariamente in quest’ordine sequenziale…) le guardie al seguito degli scribi esattori costringevano i contadini a dichiarare i loro proventi. Qualora ciò non fosse accaduto – magari per malafede del coltivatore o per una cattiva annata – allora si procedeva con punizioni corporali anche abbastanza marcate.
Sapete chi altro se ne intendeva di peculiari ma dolorosissime punizioni corporali? La polizia locale dei mercati. Suddette forze dell’ordine, oltre al più classico dei bastoni, potevano avvalersi di irrefrenabili e temutissimi babbuini! Il rilievo della mastaba di Tep-em-ankh mostra esattamente questo insolito (per noi) episodio: un babbuino al guinzaglio che attacca un ladruncolo e lo costringe a riconsegnare la refurtiva. Quando le scimmie poliziotto erano in ferie, la polizia del faraone ricorreva ai cani, decisamente più consueti.
Esisteva poi la polizia di frontiera. Essa era dispiegata in pattuglie a sud, al confine con la Nubia o ad ovest, a contatto con i beduini del deserto libico. L’attraversamento della frontiera era proibito, se non per motivazioni diplomatiche o commerciali. Ma se questa era grossomodo la situazione prima del Nuovo Regno, cosa accadde alle forze dell’ordine a partire dalla seconda metà del II millennio a.C.?
Già sotto Ahmose I venne istituita una sezione paramilitare a difesa delle necropoli. Essi erano noti col nome di medjay, guerrieri originari della Medja, in Nubia, che avevano servito come mercenari nella vittoriosa guerra contro gli hyksos (sovrani prima della XVIII dinastia, sgraditi perché forestieri). La nuova forza di polizia paramilitare venne impiegata come disincentivo ai continui furti negli ipogei o in zone sensibili particolarmente care al sovrano. Per farla breve, se c’è una cosa che si apprende esaminando i corpi di polizia egizi, nelle loro più svariate funzioni, è che non conveniva poi così tanto turbare il Ma’at. Non so voi, ma un babbuino assetato di sangue l’avrei evitato molto volentieri…