Premio Nobel per la letteratura nel 1934, Luigi Pirandello fu uno degli scrittori italiani più attento alle novità in ambito intellettuale. Attratto dalla psicanalisi, le teorie di Freud influenzarono gran parte dei suoi scritti. Il suo interesse ai meccanismi della psiche affonda le radici nella sua tragica vicenda personale.
La storia tra il drammaturgo e Antonietta Portulano non nasce sicuramente in modo spontaneo. Il padre di Antonietta, Calogero Portulano, era il socio di affari di Stefano Pirandello, padre di Luigi. Il matrimonio combinato porta alla famiglia Pirandello una grande dote, che decisero di investire nelle miniere di zolfo.
Il giovane Luigi rimane subito affascinato dalla chioma bruna e dallo sguardo nostalgico di Antonietta. Già nelle prime lettere si rivolge a lei con grande affetto, chiamandola “Antonietta mia”, mentre la ragazza si dimostra più fredda. Cresciuta senza madre, Antonietta non ha mai avuto modelli di amore di fronte a lei. Tuttavia, a seguito delle nozze avvenute nel 1894 a Grigenti (ora Agrigento), sboccia tra loro un’intima passione.
A Roma, dove Pirandello era docente in un magistero femminile, nascono i tre frutti del loro amore: Stefano, Lietta e Fausto. Antonietta si dedica con morbose attenzioni ai figli. Sorgono però i primi segni di insofferenza nella donna, che non ama l’ambiente romano e che mal sopporta le attenzioni dedicate a Luigi dalle alunne.
Il debole equilibrio mentale di Antonietta crolla drasticamente nel 1903. La famiglia si trova improvvisamente in una situazione di grave precarietà economica a causa di un allagamento delle miniere di zolfo in cui era stata investita la dote. Mentre Pirandello si divide tra supplenze e lezioni private, Antonietta è sempre più in preda ad attacchi di paranoia e gelosia, che sfociavano spesso in violente crisi.
Una notte, si sveglia Pirandello improvvisamente e vede la moglie ai piedi del letto, occhi sgranati e coltello in mano. Questo episodio è il punto di non ritorno, che costringe lo scrittore al ricovero di Antonietta in sanatorio. La donna non perdonerà mai il marito per la sua scelta e morì nel 1959, dopo quarant’anni di reclusione. Pirandello conviverà per sempre con un forte senso di colpa, come confessa all’amico Ojetti: «la pazzia di mia moglie sono io».