In origine era una fastosa villa romana, costruita in piena Età Augustea, ma col tempo quella sontuosità classica lasciò il passo pesante del declino. L’antico complesso abitativo di Lugnano in Teverina, abbracciato dalle morbide colline umbre sulla sinistra idrografica della Valle del Tevere, divenne (in modo rapido e repentino) un cimitero infantile già dalla metà del V secolo. Dal 1988 ci si riferisce al sito archeologico col nome di “Necropoli dei Bambini“. L’appellativo non lascia chissà quanto spazio a interpretazioni…
Ciò che accadde in realtà è documentato anche da fonti coeve. Nel 467 Sidonio Apollinare, vescovo d’Alvernia, dalla città di Ravenna dovette recarsi a Roma. Nelle sue Epistulae il primate di Clermont rese partecipe un conoscente di una particolare situazione malarica sul tragitto che dalla sede imperiale ravennate conduceva all’Urbe. E su quella strada si trovavano i territori umbri, colpiti oltremodo dalla pestilenza. Si pensa (e non è facilmente confutabile come ipotesi) che lo stesso Attila, per la critica situazione sanitaria nella Valle del Tevere, decise di non assestare un violento attacco alla volta di Roma nel 452.
Tenendo conto di questa situazione, sappiamo come i locali iniziarono ad utilizzare alcuni degli ambienti della suddetta villa romana a mo’ di sepolcro. La particolarità sta nel fatto che gli inumati fossero solo ed esclusivamente bambini, nella fattispecie neonati (il più “anziano” ritrovato fino al 2017 aveva 3 anni d’età). Proprio il 2017 è stato l’anno della svolta nella cosiddetta “Necropoli dei Bambini”. Una squadra d’archeologi composta da membri della Stanford University e della University of Arizona, oltre che da un folto gruppo di esperti locali, hanno scoperto i resti ossei di un ragazzino (forse ragazzina) di circa 10 anni. Il giovane fu inumato con una pietra nella bocca il che lascia spazio a delle considerazioni di notevole valore spirituale e culturale.
Il sasso nella cavità orale rientrava nella vasta galassia dei modi rituali pagani. L’atto avrebbe negato il ritorno del defunto (venuto meno a causa della malaria) tra i vivi. L’idea quindi era quella di non far diffondere ulteriormente il contagio in un’area già martoriata. Il ritrovamento del 2017 indica una cosa davvero sensazionale. In un’epoca come il Tardoantico, durante la quale si presupponeva una solida affermazione del cristianesimo nelle aree centrali della penisola italiana, sopravvivevano tuttavia rituali e cerimonie di chiaro stampo pagano.
Oltre ai 50 corpi di neonati ritrovati nella Necropoli dei Bambini a Lugnano, gli archeologi hanno scoperto dell’altro. Sono saliti alla ribalta i resti animali (cuccioli di cane) ritrovati accanto a quelli umani. Torna a gamba tesa la liturgia pagana. L’inumazione congiunta, di giovani umani e piccoli amici a 4 zampe, serviva a garantire ai primi l’accompagno nell’oltretomba dei secondi, da sempre considerati amici fedeli e incorruttibili.
Le anomalie non sono mica finite qui. Stando alle analisi per la datazione dei resti, è risultato come quasi tutti i corpi avessero trovato l’eterno adagio tra le stanze della villa romana nel medesimo arco temporale. Evidentemente l’epidemia fu così dura da falcidiare la vita di molti in brevissimo tempo. A ragion veduta, penso che il sito archeologico di Lugnano in Teverina sia speciale, straordinario (nel senso lato del termine). Diverso da tutti gli altri, in definitiva.