Sono 263 le stazioni della Metropolitana di Mosca, ognuna delle quali rappresenta un capolavoro architettonico e artistico di assoluto valore. Milioni di viaggiatori ogni giorno possono godere dell’ottavo sistema metropolitano più grande al mondo (il primo all’infuori della Cina…). Negli orari di punta i treni possono passare a distanza di 90 secondi l’uno dall’altro – chi vi scrive lo fa da Roma; e niente, fa già ridere così. Non sono queste tuttavia le peculiarità che rendono speciale la metro moscovita. A spiccare è soprattutto la sua estetica, diversificata a seconda del luogo in cui ci troviamo ma egualmente mozzafiato. Si potrebbe entrare in una stazione qualunque della capitale russa, evitare di prendere il treno e godersi al contempo uno vero spettacolo per gli occhi. Ma ogni singola stazione ha una sua storia e merita di essere raccontata al di là dell’indiscutibile avvenenza artistica.
Piani per la realizzazione di una linea metropolitana a Mosca erano stati già redatti all’epoca dello zar Nicola II. L’ingresso nella Prima guerra mondiale, il colossale sforzo bellico, le due rivoluzioni e la conseguente guerra civile distrassero chiaramente da un simile progetto. Con la progressiva ripresa economica a cavallo tra anni ’20 e ’30 – legata alla pianificazione del Gosplan (appunto Commissione statale per la pianificazione) – si investì anche nelle infrastrutture. Nel 1931 vennero approvati i piani per le prime stazioni. Il responsabile dell’intero progetto rispondeva al nome di Lazar Kaganovich. Egli chiese ed ottenne la consulenza di due specialisti britannici: Charles Holden e Frank Pick, architetto il primo, amministratore il secondo.
Se gli inglesi diedero il loro contributo sul lato prettamente tecnico-funzionale, quello architettonico ed artistico fu prerogativa sovietica. Il principio guida sul quale basare l’intera opera verteva su due cardini. Svet (luce) e sveltloe budushchee (futuro luminoso). Il senso ultimo del lavoro era quello di trasmettere ottimismo e serenità ai futuri usufruitori del servizio. Nel 1933 il Comitato centrale approvò il piano per 10 linee. Nel complessivo si raggiungeva una lunghezza totale del percorso pari a 80 km. Presto subentrò la paranoia del NKVD. Gli ingegneri britannici per poter svolgere in modo ottimale il loro lavoro avevano bisogno di un’accuratissima planimetria urbana di Mosca. Inaccettabile per il dicastero degli affari interni, che procedette con un’accusa per spionaggio a carico dei britannici e successivamente al loro espatrio. L’Unione Sovietica continuò senza supporto esterno i lavori.
L’inaugurazione della prima linea Sokol’niki-Park Kul’tury avvenne il 15 maggio del 1935. Il design innovativo lasciava intendere un netto distacco da quello utilitaristico delle metropolitane occidentali. Le stazioni di Mosca furono apparivano quasi più come musei o teatri anziché hub di trasporto. Una seconda e una terza linea fecero il loro esordio nel 1938. Anche queste avevano un’estetica vicina ai dettami dell’Art Déco, ma non tralasciavano il simbolismo socialista.
Di questa seconda fase costruttivo-espansiva, emblematica a dir poco è la stazione di Mayakovskaya, per molti la più iconica del complesso metropolitano. Chi ha avuto la fortuna di visitarla sa cosa si prova: le colonne sono ricoperte di rodonite rosa e acciaio inossidabile. Dietro di esse, le pareti sono ricoperte di diorite bianca e grigia. Quando si alza lo sguardo, il tema della stazione diventa chiaro, poiché immagini di aerei che sfrecciano nel cielo decorano il soffitto, trasmettendo il senso tipico del futurismo sovietico.
La Seconda guerra mondiale non bloccò del tutto l’ampliamento della Metropolitana di Mosca. Due sezioni nel 1943-1944 aprirono al pubblico. Come un riflesso delle criticità correnti, queste sezioni abbandonarono l’idealismo estetico socialista, facendo leva piuttosto su temi bellici. Alcune stazioni situate in profondità funsero come rifugio antiaereo durante i bombardamenti della Luftwaffe.
Nel secondo dopoguerra Stalin diede il via alla quarta fase espansiva della metro moscovita. Da questa quarta fase vennero fuori dei capolavori assoluti, oggettivamente straordinari per scelta cromatica, stile architettonico e senso artistico intrinseco. La linea Koltsevaya fu aperta nei primi anni ’50. Opulenta come molte altre opere sovietiche contemporanee, l’estetica della linea Koltsevaya ricalca lo stile barocco moscovita, con sprazzi di classicismo socialista.
Quelli erano gli anni della Guerra Fredda; il dettaglio temporale non è campato per aria. Gli hub del periodo indicato svolgevano la duplice funzione di stazione metropolitana e rifugio antiatomico. Di quella logica restano alcune tracce tanto curiose quanto inquietanti. Alla base delle scale mobili esistono delle porte ermetiche antideflagranti. Queste dovrebbero chiudersi (ancora oggi!) in caso di guerra nucleare, andando così ad intrappolare (o salvare, dipende dalla prospettiva) coloro che si trovano all’interno della metro.
La morte di Stalin nel 1953 e l’elezione al segretariato generale di Nikita Chruščëv segnarono un cambio di epoca, non solo politica e storica, ma anche in ottica urbanistica. Per le successive linee i progettisti moscoviti abbandonarono lo sfarzo del barocco sovietico, preferendo uno stile razionalista, al limite del brutalismo. Accadeva sia per i palazzi e gli edifici pubblici al di sopra, sia per le stazioni sotterranee.
Dopo il fiasco costruttivo di Chruščëv, si passò al rimodellamento metropolitano sotto la conduzione Brežnev. Le migliorie vere e proprie furono varate a metà degli anni ’70, anche se si concentrarono più su generiche implementazioni strutturali che artistiche. Casi degni di nota ve ne sono: si ricordino le stazioni “centipedi” di Kaluzhskaya e di Medvedkovo. La stravaganza architettonica era tornata a fare la voce grossa dopo i tagli ai costi della chruščëvka.
Dalla fine degli anni ’70 fino alla caduta dell’Unione Sovietica, le stazioni della Metropolitana di Mosca sono state costruite con un rinnovato sforzo per renderle esteticamente gradevoli. Il termine perfetto con il quale descrivere questa epoca è “unica“. Unica doveva essere la singola stazione, sempre diversa dalle altre. Certo, si andò ad imitare i vecchi design immediatamente post-bellici, ma li si “aggiornò” con caratteristiche moderne. Nonostante le difficoltà economiche degli anni ’90, la metropolitana di Mosca ha continuato a crescere. La nuova amministrazione, non più sovietica ovviamente, voleva consegnare ai moscoviti qualcosa di cui andare fieri ed orgogliosi. Carta bianca all’innovazione e alla ricercatezza hanno scaturito delle perle di indubbia qualità: Slavyansky Bulvar e Ulitsa Akademika Yangelya solo per citarne due.