Forse tornò in mente ai nipoti di Giuseppe Garibaldi l’impresa che quest’ultimo tentò, ormai anziano, in Francia contro i prussiani, quasi mezzo secolo prima. Una Legione Garibaldina si fece già un nome oltralpe nel 1870, quando fu l’unica a riportare qualche vittoria (di Pirro) sul campo di battaglia. Lo stesso Victor Hugo definirà il senatore francese Garibaldi (e no, non avete letto male) come “l’unico generale ad aver battuto i soldati del Kaiser“. Probabilmente con lo stesso spirito e con un pizzico di volontà politica, i nipoti dell’Eroe dei Due Mondi si arruolarono volontari nel 1914, al fianco delle truppe francesi.
Noi la chiamiamo ufficiosamente Legione Garibaldina, anche se il nome ufficiale, inquadrato sotto l’insegna della Legione straniera francese, era “4e régiment de marche du 1er étranger”. A volerla fu Peppino Garibaldi (anche se la sua volontà fu rinsaldata fortemente dal padre Ricciotti Garibaldi) che, recatosi a Parigi nell’autunno del 1914, chiese ed ottenne il permesso dallo Stato Maggiore Francese. Ad indossare la camicia rossa sotto l’uniforme da legionario furono più di 2.000 uomini. La metà di loro era composta da emigrati italiani in Francia; non mancavano i repubblicani, i mazziniani, i sindacalisti e persino gli anarchici.
Ma come anticipato, lo slancio dei nipoti di Garibaldi fu anche di matrice politica, interventista nella fattispecie. Criticando il temporaneo neutralismo – che ricordo essere stato un pretesto per una miglior preparazione, viste le condizioni disastrose in cui versava l’arretrato Regio Esercito – Peppino assunse il comando di quegli uomini, tra cui spiccavano anche i fratelli Costante, Ezio, Sante, Giuseppe, Bruno e Ricciotti jr.
Dopo un veloce e sommario addestramento, la Legione Garibaldina partì alla volta delle Argonne nel dicembre del 1914, sostenendo i francesi nel loro momento più difficile. I primi mesi per Parigi furono complicatissimi, considerando la scarsa coordinazione strategica e logistica. La conseguenza diretta fu la morte di un numero spropositato di uomini, carne da macello per le rombanti mitragliatrici tedesche. Peppino e i suoi diedero prova di grande coraggio a Belle Étoile, vincendo. Nella battaglia perse la vita uno dei fratelli Garibaldi, Bruno.
Un altro, Costante, se ne andò durante il secondo assalto a Four-de-Paris, qualche settimana dopo. La Legione Garibaldina si distinse per spirito combattivo, ma le perdite, c’è da dirlo, furono gravi. 300 morti accertate, 400 feriti circa e un migliaio di indisponibili a seguito delle prime battaglie, combattute fino al gennaio del 1915. Interessante notare come due dei fratelli Garibaldi, Sante ed Ezio, combatterono fianco a fianco nelle Argonne, ma in seguito il primo si contraddistinse per un marcato rifiuto al regime dittatoriale che si stava instaurando in Italia, il secondo fu un deputato del PNF dal 1929.
Una chicca prima di concludere. Gli ufficiali francesi sconsigliarono vivamente a Peppino di far indossare ai suoi la sola camicia rossa. Comprensibile pensando alle migliaia di morti francesi che nel tardo agosto del 1914 si verificarono per un solo fattore: i tipici pantalon rouge ottocenteschi. Il classico bersaglio rosso. La Legione Garibaldina si sciolse nel maggio del ’15, vista l’entrata in guerra di Roma al fianco dell’Intesa. Indovinate un po’? Tempo qualche settimana e Peppino impugnava già un fucile sulle Alpi orientali.