Andrei Pozdeev, fotografo e pittore russo vissuto durante il ‘900, decise di immortalare il volto di un soldato, spedito al fronte durante la Seconda Guerra Mondiale, in due momenti ben diversi: nel 1941, anno di partenza, e nel 1945, anno in cui rientrò. Protagonista degli scatti è l’artista Eugeny Stepanovich Kobytev. Scelta singolare quella di Pozdeev, il quale decide di raccontare attraverso un volto le crudeltà della guerra e quanto questa abbia avuto un impatto negativo su coloro che ne hanno preso parte.
Nel 1941 Evgeny aveva solo 31 anni. Stava cominciando allora la sua carriera artistica quando la Germania attaccò l’Unione Sovietica e fu costretto ad arruolarsi nell’esercito. Su di lui, come su tutti gli altri soldati, la guerra ebbe un impatto non indifferente e Pozdeev ce lo mostra attraverso due scatti. Il suo viso è magro, stanco, pieno di rughe, dopo aver assistito a 4 lunghi anni di atrocità.
La storia di Evgeny Stepanovich Kobytev comincia il 25 dicembre 1910 nel villaggio di Altai. Si diploma prima alla scuola pedagogica ed inizia a lavorare nelle aree rurali di Krasnoyarsk. La sua passione era da sempre la pittura, in particolare amava fare ritratti e raffigurare panorami della vita quotidiana. Nel 1936 il suo sogno divenne realtà: comincia gli studi presso l‘Istituto statale d’arte di Kiev in Ucraina. Nel 1941 si laurea con lode ed è pronto per cominciare la sua carriera artistica. Ben presto, però, l’entusiasmo svanisce. Come detto, Berlino e Mosca danno il via alle ostilità. Evgeny è costretto ad arruolarsi, abbandonando il suo sogno. Partì come volontario e si unì ad uno dei reggimenti di artiglieria dell’Armata Rossa.
Durante la guerra, nel ’41, i tedeschi catturarono e imprigionarono Kobytev in un campo di concentramento a Khorol, nell’est dell’Ucraina. Questo campo è conosciuto come ”Pozzo di Khorol”, nell’omonima città teatro di una strage di ebrei da parte degli invasori nazionalsocialisti. Una volta divenuto campo di concentramento furono circa 90.000 i prigionieri di guerra, tra civili e non.
Nel ’43 Kobytev riuscì a fuggire dal campo di concentramento. La sua guerra terminò nel 1945 dopo aver partecipato a diverse spedizioni militari in Ucraina, Moldavia, Polonia e Germania insieme all’Armata Rossa. L’Unione Sovietica gli conferì la medaglia d’onore come eroe militare per il suo servizio durante la battaglia per la liberazione di Smila e Kursun, in Ucraina.
Dopo la guerra, finalmente, si dedicò interamente alla sua passione. Divenne insegnante presso la scuola d’arte di Krasnojarsk e creò una serie di dipinti. La prima dal titolo “All’ultimo respiro“, la seconda ”Gente, state in guardia”. Queste raccontavano da una parte la fermezza e il coraggio del popolo sovietico, dall’altra i terribili crimini che il nazionalsocialismo, in tutte le sue tragiche sfaccettature, commetteva durante la guerra, in particolare nel campo di Khorol. Con sua moglie Tatiana Miroshkina, anche lei artista, realizzò una serie di dipinti decorativi. I temi erano la natura selvaggia della regione e i racconti popolari russi. Evgeny morì nel ’73 dopo aver combattuto per 4 lunghi anni una guerra che aveva lasciato segni indelebili sul suo volto.