Storia Che Passione
La Grande Guerra in pillole: la beffa di Buccari

La Grande Guerra in pillole: la beffa di Buccari

Questa è la storia di quella volta in cui noi italiani riuscimmo a far passare un’insignificante azione militare per una grandiosa vittoria di carattere nazionale. Ah, i miracoli della propaganda. Tristemente fissata nella memoria collettiva, la disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917 degradò, come mai prima di allora, il morale del popolo italiano, gran parte del quale partecipava – direttamente al fronte, indirettamente in fabbrica – al più grande e generico sforzo bellico. A tutti, dal re all’artigiano, dal capo di stato maggiore al soldato semplice, era chiara una cosa: occorrevano vittorie. La beffa di Buccari, che vi voglio raccontare in questo quarto appuntamento de La Grande Guerra in pillole, fu esattamente ciò che serviva allo spirito nazionale.

La Grande Guerra in pillole: la beffa di Buccari

La beffa di Buccari altro non fu che un’incursione organizzata e attuata dalla Regia Marina Italiana nella notte fra il 10 e l’11 febbraio 1918 a danno del naviglio austro-ungarico ormeggiato nel porto croato di Bakar (Buccari in italiano). L’idea non era né originale, né particolarmente complessa. Neppure due mesi prima si era verificata la ben più influente incursione su Trieste, nella quale i MAS 9 e 13 erano riusciti ad affondare la SMS Wien, corazzata della marina imperial-regia. Uno dei comandanti della spedizione triestina fu Luigi Rizzo, scelto dall’ammiragliato per questa seconda incursione. La portata militare e propagandistica di una simile azione nel porto di Trieste è evidente. Allora perché si volle tentare la doppietta a Buccari?

beffa di Buccari baia di Bakar, Croazia

Scelta comprensibile se si analizza velocemente il contesto bellico adriatico in quei primi mesi del 1918. Mentre il basso Adriatico era ad esclusivo appannaggio dell’Intesa, con la congiunzione della marina inglese e italiana a farla da padrona, nella sezione settentrionale la situazione vedeva una netta prevalenza dell’Austria-Ungheria. In tal senso i porti centrali per la k.u.k. Kriegsmarine erano Pola, Cattaro e, per l’appunto, Buccari. Colpire una di queste tre basi avrebbe sortito un duplice effetto: vendicare Caporetto; dimostrare la sistematica vulnerabilità delle difese nemiche.

beffa di Buccari membri incursione 10-11 febbraio 1918

Si affidò il comando della missione al capitano di fregata Costanzo Ciano. Le unità designate furono i MAS 94, 95 e 96, a loro volta supportate da tre gruppi navali composti da cacciatorpediniere ed esploratori. Ospite d’onore della spedizione era sua eccellenza Gabriele D’Annunzio. La sua sola presenza rende chiara ed evidente l’intenzione propagandistica, più che militare, della missione.

beffa di Buccari rotta dei MAS

Composta la squadra, essa partì la sera del 10 febbraio 1918 dal porto di Ancona. Scivolò lungo la costa istriana per evitare le pattuglie nemiche e finalmente, col favore delle tenebre, arrivò al cospetto della baia di Buccari. Sganciati i MAS, quest’ultimi spensero i motori a scoppio per attivare quelli elettrici, chiaramente più silenziosi. Superarono indisturbati vedette, postazioni d’artiglieria e la rete antisommergibile. Nelle prime ore dell’11 febbraio, i tre MAS erano penetrati senza patemi d’animo nel porto, dove individuarono quattro piroscafi (tre da carico, uno passeggeri). Vennero lanciati sei siluri in totale; solo uno andò a segno. Subito scattò l’allarme, ma i motoscafi si dileguarono in un lampo, lasciando dietro di sé tre bottiglie legate ai rispettivi galleggianti.

Le tre bottiglie in vetro contenevano, oltre a fiocchi tricolore, delle lettere scritte dal pugno di D’Annunzio. Esse recitavano:

«In onta alla cautissima Flotta austriaca occupata a covare senza fine dentro i porti sicuri la gloriuzza di Lissa, sono venuti col ferro e col fuoco a scuotere la prudenza nel suo più comodo rifugio i marinai d’Italia, che si ridono d’ogni sorta di reti e di sbarre, pronti sempre a osare l’inosabile. E un buon compagno, ben noto – il nemico capitale, fra tutti i nemici il nemicissimo, quello di Pola e di Cattaro – è venuto con loro a beffarsi della taglia».

beffa di Buccari lettera D'Annunzio

Vista l’irriverenza del messaggio, nonché dell’azione, D’Annunzio stesso coniò il termine “beffa di Buccari”. Ora, se da un lato puramente tattico-operativo l’incursione non portò letteralmente a nulla, se non alla dimostrazione dell’inefficacia difensiva austriaca, dall’altro lato, quello dimostrativo-propagandistico, il successo fu immenso. Il morale dalle parti di Vienna, già sotto le scarpe per motivazioni socio-economiche, crollò ulteriormente. Sul Piave, dove permaneva la linea del fronte, si festeggiò platealmente l’impresa. Un felice preludio di ciò che sarebbe avvenuto nei seguenti mesi, Vittorio Veneto prima, Villa Giusti poi.