La Grande Guerra in pillole! Gran bel nome per una rubrica incentrata su fatti storicamente accertati più assurdi e incredibili del primo conflitto mondiale, nevvéro? Con questo primo appuntamento soddisfo un mio desiderio sorto, a dire il vero, in tempi non sospetti. Chi ci segue dagli albori sa quanta attenzione abbiamo dedicato a questi specifici quattro anni, tre mesi e due settimane di storia contemporanea. Ancora una volta è lo smodato interesse del sottoscritto (ma a parlare è anche il suo corrente iter universitario…) il principale indiziato dietro la trasposizione concreta di una malsana e astratta idea. Viste le mie ricerche, le pagine di appunti fin qui ammucchiate, scarabocchi su articoli validi solo in potenza, ho pensato di dare vita a questa saltuaria rassegna. Eccomi dunque col primo “episodio”. Parto in grande stile, raccontandovi la battaglia di Yaroslavitsy.
Un evento che se non fosse documentato da immagini, bollettini di guerra e resoconti scritti, potrebbe sembrare bellamente inventato da qualche sceneggiatore ubriaco. Prima di tutto un po’ di sano contesto generale, anche se sarò breve e conciso. 28 luglio 1914, l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, scatenando una sequela di reazioni che nel giro di qualche settimana coinvolgerà tutte le più grandi potenze del mondo, ora impegnate in un conflitto che, se tutto dovesse andare secondo i piani, permetterebbe ai soldati di tornare a casa entro Natale. Loro dicevano del 1914. Gli alti comandi sceglieranno come data l’11 novembre di quattro anni dopo, ovvero nel 1918.
Uno dei primi scenari interessati dal conflitto fu la Galizia, una vasta area dell’Europa centro-orientale oggi compresa tra Polonia e Ucraina ma al tempo sotto l’amministrazione imperial-regia. Un punto caldo del Fronte Orientale sui cui l’esercito dello zar volle riversare quasi tutte le sue energie: sfondare là per avanzare in direzione dei Carpazi e, chissà, giungere a Vienna prima della fine dell’anno. Tra ragionamenti utopici e mosse strategiche dal dubbio valore etico, oltre che logistico, i russi passarono all’offensiva senza attendere il completamento della mobilitazione. Fu un azzardo, vincente per carità, ma pur sempre un azzardo che costò la vita a 250.000 uomini tra morti, feriti e dispersi.
Ora scendo nel dettaglio, raccontandovi ciò che accadde nei pressi del piccolo villaggio di Yaroslavitsy il 21 agosto 1914. La 10ª divisione di cavalleria russa (che svolgeva compiti di ricognizione e copertura) si imbatté nella 4ª divisione di cavalleria austro-ungarica. I due contingenti, inconsapevolmente, avrebbero dato vita in quel giorno di una tarda estate all’ultimo grande scontro tra due forze di cavalleria dell’intera storia umana. Dimenticando per un solo secondo l’orrore di una guerra che avrebbe privato il mondo di circa 17 milioni di persone (parlo di morti legate direttamente al contesto bellico, contando sia militari che civili), non si può rinnegare l’alone di epicità che riveste l’episodio. Ma non è finita qui: quel 21 agosto si verificò una rarissima eclissi solare!
La 10ª cavalleria russa aveva a capo il generale 56enne Fyodor Arturovich Keller che, come suggerisce il nome, vantava origini tedesche (come tanti, tantissimi altri ufficiali zaristi). La 4ª cavalleria asburgica invece era guidata dal generale von Zaremba, esperto ufficiale polacco di nascita. Quest’ultima era composta da Ulani, Ussari e Dragoni, tutti comunque provenienti dalla Galizia. La divisione imperiale russa poteva affidarsi ad un reggimento di cosacchi, ma per il resto erano tutti etnicamente russi.
Keller, considerato uno dei più validi tra i suoi omologhi, comprese come la divisione di cavalleria austro-ungarica altro non era che il vertice alto di uno schieramento asburgico numericamente preponderante nella regione. Quindi egli scelse di attaccare in fretta con i suoi uomini a cavallo. Sfruttando il fattore sorpresa e sbaragliando la prima linea austriaca, Keller credeva di conquistare una posizione di assoluto vantaggio tattico. Nella prima fase dello scontro, ancora nella mattinata, le truppe dello zar Nicola II e quelle dell’imperatore Francesco Giuseppe si provocarono a vicenda a colpi d’artiglieria e false cariche.
Alla fine fu Keller a fare la prima mossa. Avanzò fino ad incrociare la prima linea asburgica. Un reggimento di Ulani imperial-regi, sotto il comando del maggiore Vidal, rispose a muso duro e caricò a sua volta. Le spade austriache incrociarono le lance zariste sotto lo squillo delle trombe. Sembrava di essere tornati al tempo delle guerre napoleoniche e invece era l’ultimo sussulto di uno stile bellico destinato ad essere soppiantato da gas, bombardamenti, mezzi corazzati e mitragliatrici leggere. Secondo i resoconti dell’epoca (numerosi e provenienti da ambo le parti) all’inizio ebbero la meglio gli Ulani, salvo poi perdere la partita di fronte all’irruenza dei cavalieri russi. Essi riuscirono a fare prigioniero Vidal e a disperdere la controparte. Non mancarono scene da romanzo o film action.
A Yaroslavitsy ci fu chi giurò di aver visto: “un ufficiale russo tenere le redini con i denti e sparare impugnando revolver con entrambe le mani”. O ancora “Vakhmistr Polachek (austriaco) strappò una pistola a un altro ufficiale russo e sparò a nove cavalieri dello zar”. Si legge inoltre: “Uno degli ufficiali, presumibilmente il luogotenente capo del conte Rössegauer, ruppe la sua spada e continuò a combattere con la pistola finché un cavallo ferito non lo travolse, seppellendolo per metà sotto il terreno smosso. Anche dopo, continuò a sparare da terra. Lo ferirono con una frusta ma si divincolò dal corpo del cavallo morto e si ritirò a piedi”.
Il tutto mentre improvvisamente la luce veniva meno, oscurando il campo di battaglia. Due minuti e quattordici secondi di eclissi resero lo scontro memorabile. La rissa tra cavalieri nei pressi di Yaroslavitsy terminò quando l’artiglieria russa iniziò a fare il suo lavoro. Tra l’altro essa colpì indiscriminatamente anche membri dell’esercito zarista (vi avviso, accadrà spessissimo tra le linee russe). I contingenti si separarono, con von Zaremba che ordinò la ritirata generale. Keller vinse quello scontro minore, ma epico oltre modo. In quel frangente di prima guerra mondiale esisteva ancora un codice d’onore da rispettare. Il generale Keller si congratulò con il maggiore Vidal a nome di tutta la cavalleria russa. Così si concluse uno scontro d’altri tempi, come mai più ve ne furono.