Guerre, rivolte, insurrezioni di stampo nazionalistico, crisi economiche plurime e generale instabilità; in sostanza si tradusse così per l’Impero Ottomano la Grande Crisi d’Oriente, termine con il quale ci si riferisce al contesto geopolitico turco-ottomano dal 1875 al 1878. Dando un’occhiata da più vicino alla questione si nota però come nulla avvenisse per caso e come tutto, a dire il vero, si ricollegasse fatalmente a vecchie contese oramai incancrenitesi nel tempo. Il grande “malato d’Europa” – sfruttando una famosissima espressione dello zar Nicola I Romanov – era agli sgoccioli della sua plurisecolare storia e tutti, con modi e tempistiche diverse, se ne resero perfettamente conto.
La cosiddetta Grande Crisi d’Oriente ebbe come epicentro la penisola balcanica, ma i suoi risvolti travolsero ogni angolo del territorio sotto l’egida della Sublime Porta. Ed è proprio lo scenario balcanico primo ottocentesco ad esplicare chiaramente la decadenza ottomana. Per tutto il XIX secolo Costantinopoli perse mordente sui Balcani, rinunciando talvolta al controllo di interi territori a favore dell’Austria (poi Austria-Ungheria) o della Russia zarista. Le potenze occidentali – ovviamente spinte da interessi economici e finanziari del tutto egoistici – costrinsero l’Impero Ottomano ad apportare delle riforme di carattere istituzionale e sociale. Provvedimenti che fallirono su ogni piano, perché da una parte non si migliorò abbastanza una già precaria condizione sociale delle popolazioni cristiane, dall’altra invece si scontentò larghe frange della popolazione musulmana. Scontento che si tramutò, ad esempio, in pesanti ribellioni nella Bosnia a maggioranza musulmana.
Non di meno, principati solo nominalmente facenti parte della galassia ottomana, come la Serbia ed il Montenegro, adottarono autonome politiche espansionistiche. Quest’ultime incontravano il favore (e il diretto sostegno) di San Pietroburgo. Ma la Grande Crisi d’Oriente vedeva la sua origine anche in campo economico–finanziario, da non porre in secondo piano nei confronti del suo omonimo politico-militare. Dopo la Guerra di Crimea (1853-56) il tesoro della Sublime Porta conobbe un considerevole ridimensionamento. Prestiti svantaggiosi concessi da Inghilterra e Francia permisero sì uno sviluppo delle linee ferroviarie e telegrafiche, ma dissanguarono le casse statali. Se a ciò aggiungiamo che parte dei finanziamenti europei finivano nell’abbellimento della corte sultanale, si capisce maggiormente la mediocre lungimiranza del governo ottomano.
Tra anni ’60 e ’70 Costantinopoli ingrandì e non poco la propria marina – divenne la terza in ordine di grandezza dopo quella britannica e francese. Queste spese, magari valide in tempi meno agitati e più rosei, ottennero l’effetto opposto a quello sperato: generarono malcontento. Anche il fato se la prese con gli ottomani. Ad aggravare la situazione ci furono la carestia anatolica del 1873 e le disastrose inondazioni dell’anno successivo. Gli imprevedibili malus costrinsero lo stato a rendere più asfissiante la tassazione. La dichiarazione dell’insolvenza sovrana sui prestiti nel 1875 fu benzina sul fuoco balcanico. Infatti per questi – ed altri motivi fin qui appena accennati – scoppiò la guerra russo-turca del 1877-78.
Il conflitto si risolse in una mazzata senza precedenti per l’Impero Ottomano. Con la pace di Santo Stefano e le ratifiche del Congresso di Berlino (entrambi del 1878), il sultano dovette cedere (in realtà a partire dal 1881) la riscossione tributaria e l’amministrazione del debito pubblico ai creditori stranieri. Ho volontariamente omesso, per una pura questione di spazio e linearità narrativa, gran parte delle rivolte balcaniche che per un triennio destabilizzarono i confini settentrionali dell’impero. Cito velocemente le insurrezioni serbe nell’Erzegovina, nel Kosovo o ancora i sommovimenti bulgari, rumeni, macedoni. I disordini nell’Epiro, in Montenegro, nel Sangiaccato di Novi Pazar, ancora a Creta. Per non parlare le future defezioni territoriali nell’Africa settentrionale o nel bel mezzo del Mediterraneo. Se ne compiacquero i rapaci anglo/francesi.
Dopo il Congresso di Berlino era chiaro a tutti quale sarebbe stata la fine dell’Impero Ottomano. Restava solo da capire come, per mano di chi e quando. Il tramonto del XIX secolo e il primo quarto del nuovo secolo dissiparono questi ultimi, fatidici dubbi.