Situata nelle immediate vicinanze di Cluj-Napoca, la seconda città della Romania per popolazione, la Foresta di Hoia Baciu è da tempo oggetto di fascino, paura e intrighi. Il minimo, dico io, per un luogo che a livello globale ha assunto il soprannome di “Triangolo delle Bermuda della Transilvania”. Negli ultimi decenni la fitta area verde è diventata sinonimo di sinistre leggende e intensa attività paranormale. Roba che farebbe impallidire persino il Castello di Bran; ed è tutto dire. Ora qui bisogna porsi una domanda: davvero il nome di Hoia Baciu deve tutto a spettri, incontri del terzo tipo ed inspiegabili prodigi della natura?
Sulla base di questa domanda ho voluto scrivere il seguente articolo, tentando di rivelare il lato storico del luogo, perché – e la cosa potrà sorprendere i più – c’è della storia in tutto questo paranormale. Prima di dare un taglio alla lunghissima ed imprevista premessa, concedetemi un’ultima riflessione. Sì, sono fermamente convinto che l’aura sovrannaturale e misteriosa di un luogo possa definire i contorni della sua popolarità e della sua storicità. Mi spiego meglio. Esiste una lista infinita di case, edifici, parchi, aree più o meno estese, che non sarebbero oggetto d’interesse pubblico se non fosse per la loro oscura nomea. Per dirla con le parole di Bloch, anche quella è storia, in quanto “scienza degli uomini che agiscono nel tempo”. Perciò non fraintendetemi, o meglio, non fraintendete ciò che andrete a leggere.
Hoia Baciu copre un’area di circa 300 ettari ed è delimitata in ogni direzione da rilievi, valli e corsi d’acqua. Utilizzando termini tecnici assolutamente non richiesti, si tratta di un bosco ceduo in cui si possono incontrare faggio, quercia, l’ontano e qualche betulla. La presenza dell’uomo nella foresta e dintorni è lontana nel tempo. La sezione nord-orientale infatti è delimitata dalla cosiddetta “Lunga Valle” (“Valea Lungă“), dove gli archeologi hanno trovato tracce di un insediamento umano risalente al Neolitico. Dovrebbe trattarsi del più antico insediamento antropico fino ad ora scoperto in Romania, risalente alla metà del VII millennio a.C. e appartenente alla cultura di Starčevo-Kőrös-Criş.
Due parole sulla cultura archeologica di Starčevo. Questa si sviluppò a partire dal VII millennio a.C., arrivando fino al V millennio a.C., in un’estesa area tra l’Europa orientale e i Balcani. Si pensa – ma con le dovute riserve – che le popolazioni della cultura di Starčevo abbiano fondato il primo modesto nucleo abitativo di Belgrado. Ciò accadde in un tempo in cui gli slavi ancora non erano giunti nei Balcani. Quella di Starčevo rappresenta la più antica società agricola permanente nella suddetta area e alla medesima cultura sono legate le quelle di Karanovo in Bulgaria, Criş in Romania e pre-Sesklo in Grecia. Tornando a noi, nella Valea Lungă, tra il 1960 e il 1996, gli archeologi rumeni hanno scovato diverse sepolture neolitiche, riconducibili alla cultura di Starčevo-Kőrös-Criş.
La presenza dell’uomo dunque interessò l’area della Foresta di Hoia Baciu sin dalla preistoria. Su per giù la questione restò invariata fino al VI secolo a.C., quando i Geti/Daci si stanziarono nell’attuale Romania. Purtroppo non esistono riscontri storici che indichino una correlazione tra la foresta e questi popoli in epoca pre-romana. Vi dirò di più, su Hoia Baciu le fonti tacciono fino al basso Medioevo. Secondo la più antica tradizione, il nome della foresta deriverebbe proprio da un oscuro episodio risalente a quest’epoca. La leggenda narra che un pastore di nome Baciu entrò col suo gregge di 200 pecore nella foresta senza far più ritorno, scomparendo nel nulla.
In realtà è facile udire versioni differenti in base a chi lo si chiede. Ritengo sia altrettanto attendibile la seguente variante. In rumeno “pecore” dovrebbe tradursi con “oaie“, mentre ci si può riferire alla figura del “pastore” con il termine “baci“. Unite i fili della leggenda con queste due nozioni linguistiche e in qualche modo vien fuori il nome di “Hoia Baciu”. Quale che sia la realtà dei fatti, si denota questo episodio come il primo di una lunga serie di misteriose sparizioni. Documenti seicenteschi, apparentemente redatti da funzionari ungheresi (protestanti e dunque preferiti dal dominatore ottomano rispetto alla controparte rumena cattolica di rito bizantino), accennano vagamente a sporadiche riunioni degli abitanti locali nella foresta. Qualcuno, anche in età moderna, ha interpretato queste “sporadiche riunioni” come evidenti adunate per invocare il demonio o per celebrare gli spiriti demoniaci del posto.
Come anticipato, l’inquietante fama di Hoia Baciu non è di certo nata ieri. Prima ad arrivare agli avvistamenti UFO (ai quali dedicherò invero pochissime parole), vorrei concentrarmi sulle più antiche leggende riguardanti i “cerchi delle fate” presenti nel bel mezzo della foresta. Vere e proprie radure prive di arbusti dalla circonferenza stranamente regolare. Una spiegazione scientifica sembra non esserci (o forse esiste, solo che non sono riuscito a trovare fonti scientificamente credibili a riguardo…) e questo non fa altro che alimentare l’arcano. Per non parlare poi dell’insolita conformazione di molti alberi nella “casa del diavolo” – altro nome con cui è nota la foresta di Hoia Baciu. I tronchi di alcuni alberi, abbastanza giovani tra l’altro, in quanto non più vecchi di un secolo, hanno assunto una fisionomia davvero curiosa. Mi limito a questo aggettivo per non scadere nel fiabesco.
Togliamoci questo dente. Hoia Baciu dagli anni ’60 del XX secolo è divenuto inconfondibile sinonimo di attività extraterrestre. Un hot spot per alieni e simili sin da quando il biologo Alexandru Sift scattò la fotografia di un misterioso oggetto a forma di disco che volteggiava su una delle radure precedentemente citate (tutto torna, direbbe qualcuno). La fotografia suscitò un vasto interesse per la foresta ed i suoi presunti visitatori extraterrestri.
Cosa ci resta dopo questo approfondimento che ho cercato, chissà con quale risultato, di rendere quanto più storico possibile, a discapito di una seppur irrinunciabile retorica votata all’ambiguo? Tra le tante, la prospettiva che maggiormente mi affascina è quella che segue: Hoia Baciu è una testimonianza del potere duraturo del folklore e del fascino per l’ignoto che rapisce i nostri sensi. Ma è anche una foresta in cui è facile, forse troppo facile, confondere storia con supposizione, fatto accertato con racconto radicato, reale per conveniente.