Lo dico senza peli sulla lingua: raccogliendo informazioni sulla vita di Sebastião José de Carvalho e Melo, meglio noto come “Marchese di Pombal“, ho sperimentato un certo fastidio che a tratti è sembrato imporsi più come un lancinante tedio. Il malessere origina da una generica incomprensione, dal fatto di non riuscire – ancora adesso, mentre concedo dello spazio ad un flusso di coscienza joyciano – ad inquadrare una delle figure storiche più importanti del secondo Settecento portoghese. Così importante da prestare il proprio nome all’età che lo vide ergersi ad autocrate de facto del Regno di Portogallo, scavalcando le legittime prerogative della dinastia Braganza e del di questa rappresentante, Giovanni I. No! Continuo a non farmi un’idea precisa del Sebastião uomo, politico, amministratore, ambasciatore, despota illuminato ed autocrate spietato. Adesso scenderei nel dettaglio, cercando per quanto possibile di giustificare con fatti storicamente accertati la natura controversa del Marchese di Pombal.
Sebastião José de Carvalho e Melo nasce a Lisbona il 13 maggio 1699. Aristocratico nel sangue ma non nel portafoglio (una sorta di hidalgo), il giovane Sebastião studia diritto nella prestigiosa Università di Coimbra e presta servizio nell’esercito, anche se per breve tempo. Quando si trasferisce nella sua città natale, nei primi anni ’20 del XVIII secolo, coglie l’occasione per sposarsi con una donna più anziana, già vedova ma esponente dell’alta nobiltà portoghese. In realtà il matrimonio è combinato e i due fanno anche in tempo ad inscenare un ratto concordato (l’argomento è meritevole di un approfondimento, magari un domani…). Per sfuggire dalle insistenti molestie dei genitori di lei, i coniugi si ritirano nelle proprietà di lui nei pressi di Pombal, nel distretto di Leiria.
Nel 1739 la corona invia in Inghilterra Sebastião José de Carvalho e Melo, in qualità di ambasciatore e ministro plenipotenziario. L’esperienza londinese sarà di grande rilievo per la formazione di una coscienza economica e finanziaria. Il Marchese di Pombal (titolo che utilizzo per comodità, ma che gli verrà conferito solo nel 1769) osserva, annota ed impara in fretta. Mentre è in Inghilterra, lo raggiunge la notizia della morte della moglie 51enne. Per lui, sinceramente innamorato di quella donna, è una tragedia dalla quale è difficile riprendersi. Subito il colpo, la vita va avanti e nello specifico prosegue in quel di Vienna, dove il re Giovanni V lo spedisce in missione diplomatica pur di tenerlo lontano dalla corte. Tra i due non correva buon sangue; forse il sovrano comprese prima degli altri la portata dell’ambizione di Sebastião.
Il quadriennale soggiorno austriaco (1745-49) è fondamentale per due motivi: permette al Pombal di toccare con mano gli effetti del dispotismo illuminato, magistralmente rappresentato dall’imperatrice consorte Maria Teresa d’Austria; a Vienna Sebastião José si sposa nuovamente, questa volta con la contessa di Daun (con la quale avrà ben 7 figli, novità rispetto al precedente matrimonio). Tornato a casa, nella sua Lisbona, il Marchese di Pombal vive la svolta della sua carriera. Nel 1750 muore l’antipatico Giovanni V e lo succede il principe ereditario, ora regnante col nome di Giuseppe I. Il cambio al vertice non è da poco, perché Giuseppe, a differenza del compianto padre, stima il nostro diplomatico. In virtù dell’onesta ammirazione, Sebastião José de Carvalho e Melo diventa prima Segretario di Stato per gli affari esteri e poi direttamente Primo Ministro.
Il nuovo re preferisce delegare il governo del regno al fidato Pombal, lasciandogli carta bianca per l’attuazione di qualsivoglia politica in campo economico, finanziario, commerciale, sociale, militare e politico. Il Marchese di Pombal diviene, dal 1750 e in misura progressivamente maggiore, l’autocrate del Portogallo. Disgustato dalla decadenza morale e materiale del suo paese e al contempo impressionato dall’esempio britannico, intenta un trapianto delle politiche economiche inglesi più perspicaci nel suo paese, riuscendovi in parte. In pieno spirito mercantilista il Secretário de Estado do Reino da’ vita ad un sistema corporativistico per quanto riguarda la gestione delle aziende e delle associazioni che regolano l’attività commerciale. Determinò la nascita di compagnie e monopoli vari, implementando l’esportazione di eccellenze locali, vedasi il vino Porto. Ciò danneggiò i produttori di Porto e gli inglesi, i quali non avevano più voce in capitolo sul commercio del prodotto.
Il primo giorno di novembre del 1755 fu quello del catastrofico Terremoto di Lisbona (meglio indagato in questo articolo). La distruzione totale impressionò ma non sconvolse il Marchese di Pombal. La conduzione della delicata ricostruzione è ben rappresentata dalla seguente frase, attribuita al Primo Ministro: “E agora? Enterram-se os mortos e cuidam-se os vivos” ovvero “E allora? Che si seppelliscano i morti e si curino i vivi”. Il taglio netto di queste parole è indicativo della risolutezza con la quale il Pombal trattò la questione. E infatti Lisbona rinacque, anzi, rifiorì nel giro di poco. Ricostruita da zero secondo uno stile che, guarda caso, è noto come “stile architettonico pombalino”. A seguito del terremoto il re concesse ancor più poteri al suo poderoso vicario, rendendolo ora più che mai un dittatore. Tante responsabilità, tanti nemici.
Nel 1758 la famiglia Távora ed il duca di Aveiro congiurarono contro il sovrano, fallendo tuttavia il regicidio. La cospirazione trovava spiegazione nel viscerale astio che buona parte della nobiltà lusitana – sentitasi costantemente scavalcata nonché danneggiata dalle politiche limitanti – covava nei confronti del Pombal, sotto la quale ombra stava il re di Casa Braganza. Una giustizia lampo, secondo alcuni anche fin troppo approssimativa, condannò a morte tutti i sovversivi. La schiacciante persecuzione riguardò anche mogli e figli, senza eccezioni. In materia di repressione il Pombal si riconfermò all’indomani dell’affaire Távora, espellendo dal Portogallo i gesuiti. L’autocrate-ministro vedeva nell’influente Compagnia di Gesù uno stato nello stato, una fonte dell’oscurantismo sociale portoghese e, in definitiva, un ostacolo all’accrescimento della legittimità regia. Un disastro per il sistema scolastico: la Chiesa garantiva un’istruzione gratuita a più di 20.000 individui. Quella stessa istruzione finiva dunque per essere regolamentata da un monopolio di Stato.
Il riformismo religioso non si esauriva di certo così. Venne ridimensionato il Tribunale del Sant’Uffizio, ora alle dipendenze della corona. Inoltre si eliminò la discriminazione nei confronti dei nuovi cristiani (cristiani con lontana ascendenza ebraica, musulmana o ortodossa). Il Marchese riorganizzò l’esercito e la marina, pur non raggiungendo gli obiettivi prefissati in termini di qualità ed efficacia. Accentuò lo sfruttamento del Brasile, spedendo in America Latina gli schiavi che per decreto non potevano essere più importati in Portogallo o nelle colonie indiane. L’atteggiamento del ministro di fronte a tematiche come lo schiavismo e la gestione delle colonie crea ancora oggi una discrepanza tra la percezione popolare che di lui hanno i portoghesi e i brasiliani. Facile intuire i giudizi delle rispettive parti.
Come sempre accade, anche Sebastião José de Carvalho e Melo vede la sua parabola discendere irreversibilmente. Nel 1777 si spegne Giuseppe I e sul trono portoghese siede la primogenita Maria. Secondo fonti dell’epoca, Maria è preda di attacchi di collera al solo sentire il nome del Marchese. La prima regina del Regno Unito del Portogallo, del Brasile e Algarve non perdona al segretario di stato l’empietà dimostrata nel caso Távora e ordina un distanziamento dalla sua persona di almeno 32 km. Presto lo esautora da ogni incarico, accusandolo di corruzione e condannandolo all’ostracismo. La nobiltà tutta esulta e fomenta i festeggiamenti lungo le strade di Lisbona. L’8 maggio 1782 il Marchese muore di vecchiaia nella sua casa di Pombal. Termina in questo modo quello spaccato di storia lusitana al quale convenzionalmente ci si riferisce come “Età Pombalina“.