Il primo romanzo storico scritto da Alexandre Dumas padre fu Le Chevalier d’Harmental, noto in Italia col titolo Il cavaliere d’Harmental. Nata grazie anche al contributo di Auguste Maquet, l’opera scritta nel 1842 si ambienta nella Francia del primo Settecento. Il libro segue da vicino degli specifici avvenimenti che nel 1718 rischiarono di scombinare radicalmente gli equilibri di potere non solo nel Regno di Francia, orfano da poco del Re Sole, ma dell’Europa intera. Dumas scrisse della fallimentare Congiura di Cellamare, ordita dalla Spagna e solo in parte eseguita da un gruppo di nobili francesi. Lo spunto letterario ci offre la possibilità di analizzare più nel dettaglio questa storia tanto affascinante quanto poco nota al grande pubblico.
Allora, da dove cominciare… Beh, dall’elefante nella stanza, Sua maestà re Luigi XIV. Morto nel 1715, l’eredità del trono ricadde sul piccolo Luigi XV, allora di cinque anni. Ad assumere le redini dello Stato ci pensò quindi suo cugino il duca d’Orléans, Filippo II di Borbone, uomo ambizioso e determinato; o almeno così lo dipingevano gli osservatori coevi.
Nonostante la salda reggenza di Filippo, quello per la Francia era in realtà un momento delicatissimo. La Spagna, sul quale trono regnava un altro omonimo, ossia Filippo V, voleva e poteva estendere il proprio dominio sulla Francia. Ciò per mere ragioni dinastiche: Filippo V di Spagna era zio del piccolo Luigi XV di Francia; se quest’ultimo per “qualche strana ragione” fosse venuto meno, le corone delle due potenze europee si sarebbero unite in un’unica persona. E poco importava se ciò era proibito dalle clausole di Utrecht (1713).
Nel frattempo gli interessi francesi vertevano sulla ricerca di un’alleanza che potesse fermare le pretese egemoniche spagnole sul Mediterraneo. Così nel 1718 nacque la Quadruplice Alleanza, un’intesa tra Inghilterra, Province Unite d’Olanda, Austria e, per l’appunto, Francia.
Insomma, la corte di Madrid aveva tutto l’interesse possibile nel destabilizzare il regno al di là dei Pirenei. Due persone nello specifico avrebbero giocato un ruolo di primo (ma non di primissimo) piano: il cardinale nonché primo ministro della corona spagnola Guido Alberoni e l’ambasciatore al servizio della Spagna a Parigi, Antonio del Giudice, principe di Cellamare. I nomi non tradiscono il vostro intuito. Il primo era di Piacenza, il secondo di Cellamare, vicino Bari. Il duo italo-iberico entrò in contatto con una schiera di nobili in contrasto con la reggenza, capeggiati dalla duchessa del Maine. Questi, in soldoni, i protagonisti della sventura Congiura di Cellamare.
La Congiura di Cellamare avrebbe previsto il rapimento di Filippo II di Borbone; la sua sostituzione agli affari di stato con il re di Spagna; la successiva convocazione degli Stati generali che, posti di fronte al fatto compiuto, altro non avrebbero fatto se non ratificare il sovvertimento del potere. La combriccola di aristocratici al seguito della duchessa del Maine non solo peccò di presunzione e scarsa lungimiranza, ma si dimostrò anche estremamente ingenua nell’attuazione del programma.
I congiurati fecero trascrivere i dettagli da inviare ad Alberoni da un copista che, una volta terminato il lavoro, fu celere nell’informare le autorità. Si attivò nell’immediato l’indagine che nel dicembre 1718 svelò la cospirazione segreta. Il fallimento del complotto tuttavia non costò la testa a nessuno degli implicati. Tra pene detentive, soggiorni alla Bastiglia e qualche esilio, i congiurati se la cavarono tutto sommato bene. L’episodio servì come pretesto alla Francia per dichiarare guerra alla rivale Spagna nel gennaio del 1719, nel contesto della guerra della Quadruplice Alleanza.