Costruita dopo l’incendio che devastò Roma nel 64 d.C., la Domus Aurea era la villa urbana dell’imperatore romano Nerone. Composta da 300 stanze, si estendeva sui colli Palatino, Esquilino, Oppio e Celio ed occupava circa 80 ettari. Sebbene la storiografia passata, molto affine alla trattazione senatoriale, inquadrò Nerone come un tiranno spietato e crudele, gli studi odierni ci raccontano un’altra realtà. L’imperatore era sì odiato, ma dal Senato romano, mentre veniva acclamato (e non di rado) dal popolo. Una pesante contraddizione, non solo politica, che lo spinse all’estremo atto, nel 68 d.C.
Gli scavi eseguiti negli ultimi mesi del 2018 nella ”Casa D’oro”, hanno portato alla luce una stanza che fino ad allora era rimasta segreta. È stata definita ”Stanza della Sfinge”, nome che nasce dalla presenza sulle pareti di una ”sfinge silenziosa e solitaria”. Questa si trova sopra quello che sembra essere un Baetylus, un tipo di pietra sacra. Sulle pareti sono raffigurate creature sia reali (uccelli, creature acquatiche) che mitologiche, vedasi i centauri. Ci sono anche il dio Pan, ippocampi e un guerriero armato di arco, scudo e spada. Gli affreschi molto probabilmente risalgono ad un periodo compreso tra il 65 e il 68 d.C.
Lo scavo e il restauro sono sotto la supervisione di un’entità progettuale guidata dal Parco Archeologico del Colosseo. La scoperta è avvenuta mentre gli archeologi stavano lavorando in una sezione adiacente. La stanza presenta una volta a botte e per la maggior parte è ancora piena di terra. Questa copre sia le pareti che gli affreschi. Per questo motivo sarà necessario del tempo per la rimozione dello sporco, in quanto la manovra potrebbe destabilizzare l’intero complesso.
”È il frutto della nostra strategia puntata alla tutela e alla ricerca scientifica” – spiega la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo – “rimasta nell’oscurità per quasi venti secoli, la Sala della Sfinge ci racconta le atmosfere degli anni del principato di Nerone”. Alessandro D’Alessio, funzionario responsabile della Domus Aurea, invece racconta: “Alla Domus Aurea, ovvero in quel che oggi resta, sul Colle Oppio, dell’immensa residenza urbana che Nerone volle edificare dopo l’incendio del 64 d.C., una tale circostanza potrebbe non destare particolare sorpresa, visto il numero delle sale e degli altri spazi noti e riccamente affrescati, che ammonta a oltre 150. Eppure la ventura e l’emozione di trovarsi di colpo, senza preavviso o indizio alcuno, davanti e dentro una stanza della Domus prima ignota, o di cui non v’era comunque memoria, rappresenta un’occasione anche qui straordinaria e appagante”.