Se pensate che il vostro Brunello del 2009 conservato correttamente in cantina possa quantomeno prendersi gioco di tutti gli altri vini in circolazione, perché più “anziano”, allora non ha ancora fatto i conti con la Bottiglia di Vino di Spira, ovvero la bottiglia di vino più antica del mondo giunta fino a noi. Il ritrovamento risale a quasi due secoli fa; degli operai, impegnati nella costruzione di una casa non lontano da Spira (Renania-Palatinato), riportarono alla luce nel 1867 questo incredibile manufatto.
Consapevoli dell’importanza della scoperta, gli operai consegnarono la bottiglia in vetro ad alcuni esperti del luogo, che non persero tempo nel procedere con un attento lavoro di analisi e giudizio. Essi compresero fin da subito come si trattasse di una fiasca davvero antica, forse risalente ai primi secoli dopo la nascita di Cristo. Successivi test per la datazione fissarono con maggior precisione le coordinate cronologiche dell’oggetto: esso è datato tra il 320 e il 350 d.C.
Gli stessi addetti ai lavori, con l’aiuto di storici e vinicoltori, additarono ai romani la produzione di quel vino (sempre se di vino possiamo parlare…). La motivazione dietro questa certezza è presto detta: ulteriori scavi nella zona hanno rivelato la presenza di due sarcofagi risalenti al IV secolo d.C. Questi a loro volta contenevano i resti di una donna e di un uomo, probabilmente moglie e marito. Per garantire un viaggio confortevole nell’oltretomba, furono poste diverse bottiglie di vino all’interno dei sepolcri. Una sola di queste è giunta “integra” fino ai giorni nostri: il Römerwein.
Dal 1867, anno della sua scoperta, la bottiglia di vino è esposta nella stessa sezione del Pfalz Historical Museum, ovvero il museo storico del Palatinato situato nella città tedesca di Spira. Il contenitore in vetro presenta un colorito paglierino e contiene all’incirca 1,5 lt di liquido. Liquido, e non vino; come mai azzardiamo questa conclusione? Beh, perché dal giorno del suo rinvenimento, nessuno ha aperto la bottiglia!
Analisi – che vorremmo tanto delineare, giusto per curiosità, ma ciò non è possibile – condotte nel primo dopoguerra sostengono come i romani diluirono il presunto vino con dei liquidi erbacei, atti alla conservazione. A garantire quest’ultima ci ha pensato anche il tappo, in cera fusa. Recentemente (nel 2011) gli esperti del museo hanno preso in considerazione di aprire la bottiglia, salvo poi ripensarci. Nessuno sa realmente come potrebbe reagire il liquido a contatto con l’ossigeno.
Ma ora daremo la risposta alla domanda che tutti, in fondo, vi state facendo: è buono ‘sto vino sì o no? Beh, stando a quanto dice l’enologa Monika Christmann, dell’Università di Geisenheim, sì è bevibile e non dovrebbe essere rovinato. Però ecco, nessuno vi assicura la bontà del prodotto, quindi…