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La battaglia di Diu: nel 1509 ha inizio l'egemonia portoghese sui mari asiatici

La battaglia di Diu: nel 1509 ha inizio l’egemonia portoghese sui mari asiatici

Salamina, Azio, Lepanto, Trafalgar, Midway, vi dicono qualcosa questi nomi? Sono certo che la maggior parte di voi li avrà associati ad alcune delle battaglie navali più celebri della storia umana. Ma se alla lista aggiungessi la battaglia di Diu del 1509, sarei altrettanto certo che qualcuno, più di qualcuno, storcerebbe il naso. All’infuori del Portogallo – paese direttamente interessato alla tematica – in pochi conoscono la rilevanza storica di ciò che accadde al largo della costa indiana, nel Mar Arabico orientale. Eppure il risvolto di quell’enorme scontro navale fu determinante per le sorti non solo dell’India, o dell’Oceano Indiano, ma del mondo d’età moderna per come abbiamo imparato a conoscerlo. Questa, nei fatti, è la storia di come i mari asiatici divennero per più di un secolo, dai primi del XVI secolo al 1612, dei “laghi portoghesi”.

La battaglia di Diu: nel 1509 ha inizio l'egemonia portoghese sui mari asiatici

L’antefatto della battaglia di Diu è da inquadrare in una sostanziale guerra commerciale per il redditizio mercato delle spezie. Dal Basso Medioevo la questione del commercio delle spezie era una prerogativa quasi esclusivamente musulmana, con il Sultanato mamelucco attore protagonista dei transiti e dello smistamento delle merci asiatiche nel Mediterraneo. Una recente analisi può darci un’idea, seppur relativa, dei guadagni derivati dal pepe indiano. I mercanti musulmani nel XV secolo acquistavano un chilo di pepe a circa 4,6 ducati da Calicut (sud-ovest indiano); lo rivendevano nei mercati di Alessandria d’Egitto a circa 25 ducati; a Venezia (partner commerciale) per 56 ducati e a Lisbona (avversario politico ed economico) per 80 ducati. Capite quanto potesse fruttare un tale mercato e quanto potesse giovare a chi l’avrebbe controllato?

Bene, i portoghesi tra Quattro e Cinquecento manifestarono un certo interesse nel volersi impadronire di quel commercio così redditizio. Acquisirono piena consapevolezza dei loro mezzi quando, nel 1498, Vasco da Gama toccò il subcontinente indiano via mare. Inserendosi prepotentemente nei giochi di potere locali (sostennero un diretto concorrente di Calicut, ottenendo in cambio delle basi commerciali in loco) i portoghesi minacciarono gli interessi dei mamelucchi d’Egitto, degli ottomani e dei veneziani, principali intermediari negli scambi fra Occidente e Oriente.

battaglia di Diu raffigurazione scontro navale

Dai primi anni del nuovo secolo fino al 1509 fu un continuo incancrenirsi delle relazioni, una sorta di reazione a catena in cui all’aggressività portoghese faceva seguito una contromisura politica e commerciale dell’alleanza musulmano-veneziana. La situazione precipitò quando Manuele I del Portogallo nominò Dom Francisco de Almeida viceré d’India. Per l’occasione gli conferì piena autorità sulla gestione delle ostilità in procinto di scoppiare. “Piena autorità” si tradusse in “concessione della Settima Armata dell’India” da usare sia in funzione protettiva – per i brigantini portoghesi nel Mar Arabico – sia in funzione offensiva – contro i mercantili musulmani. Nel 1505 si toccò il punto di non ritorno. Dalla corte del Cairo arrivò pronta la risposta: mamelucchi, ottomani, lo zamorin di Calicut, il Sultanato del Gujarat e la Repubblica di Venezia si strinsero in alleanza.

battaglia di Diu Dom Francisco de Almeida

La grande alleanza anti-portoghese partorì una flotta di tutto rispetto, armata da Venezia ma composta prevalentemente da soldati musulmani e marinai greci. Se può sembrare bizzarra quest’accozzaglia di religioni, luoghi d’origine e lingue, fateci il callo: l’età moderna è piena di questi esempi. Ad aggiungere un pizzico di sana originalità ci pensò il comandante in capo della flotta. Si chiamava Amir Hussain al-Kurdi (Mirocem secondo le fonti portoghesi), mamelucco di etnia curda, ex governatore di Gedda. La spedizione partì da Suez e impiegò due anni per arrivare a Diu (1507).

Diu all’epoca era un importante scalo portuale sotto la sovranità del sultano del Gujarat. Tuttavia ad avere in mano le redini effettive del potere era il governatore. Manco a dirlo, si trattava di un ex cristiano della Dalmazia, convertitosi all’Islam ed entrato nelle simpatie dell’autorità sultanale. Il governatore di Diu, dovendo rispondere delle proprie azioni al sultano del Gujarat, si ritrovò a sostenere e supportare la flotta di Suez. Tuttavia non nascose mai l’ammirazione per i portoghesi, capaci di schierare una forza navale pressoché formidabile.

Prima di arrivare alla battaglia di Diu del febbraio 1509 ci furono degli scontri preliminari, come la battaglia di Chaul e l’assedio di Cannamore (entrambi nel 1508). Si risolsero in delle vittorie tecniche musulmano-veneziane, ma contribuirono anche ad inasprire lo scontro. Il viceré Almeida perse suo figlio in battaglia e giurò una vendetta totale. Poteva farlo anche in funzione del supplemento navale giunto dal Portogallo e capitanato da Alfonso de Albuquerque (futuro viceré).

battaglia di Diu schieramenti 3 febbraio 1509

L’Armada da Índia, ferita ma non vinta, si riorganizzò e nel dicembre partì alla volta di Diu, dove la flotta dell’alleanza si era recata per rivedersi. Il viaggio verso nord si arricchì di qualche scontro minore tra i portoghesi e le potenze locale a loro avversi. Quel che ci interessa è che il 3 febbraio Dom Francisco de Almeida si dichiarò pronto alla resa dei conti.

Verso le 11 del mattino ebbero inizio le danze. 18 navi da guerra ben armate portoghesi contro oltre 200 imbarcazioni della coalizione. Sulla carta una sproporzione di forze apparentemente decisiva. Eppure gli uomini di Almeida avevano dalla loro il vantaggio della tecnologia. I cannoni a lunga gittata permisero alle 18 navi portoghesi di affondare metà della flotta nemica. Una volta danneggiate le navi dell’alleanza, i portoghesi effettuarono abbordaggi ravvicinati, infliggendo pesanti perdite alla coalizione. L’assenza di una strategia unitaria tra i mamelucchi e i loro alleati li rese vulnerabili e disorganizzati. Dopo ore di combattimento, Almeida annientò la flotta di Suez.

Mancava qualcosa: soddisfare la sua sete di vendetta. Su ordine del viceré, quasi tutti i musulmani catturati furono impiccati, bruciati vivi o squartati. Alcuni furono brutalmente condannati alla bocca del cannone (ve ne parlai in questo vecchio articolo). La rappresaglia post battaglia di Diu fu qualcosa di mai visto prima. Ancor più sensazionale, se vogliamo, fu il lascito dello scontro, ahimè ignorato da gran parte dei contemporanei. Nella parole di William Weir, esperto modernista: “Quando iniziò il XV secolo, l’Islam sembrava pronto a dominare il mondo. Quella prospettiva affondò nell’Oceano Indiano al largo di Diu”.

battaglia di Diu domini portoghesi in India

Weir non dice una cosa fuori dal mondo – anche se risulta essere più una frase ad effetto che altro – perché il Portogallo, vincendo a Diu, permise all’Occidente europeo di impadronirsi di mari, come quelli asiatici, fino ad allora esplorati solo con blandi intenti commerciali. Il Portogallo dimostrò di essere un impero anche di fatto, oltre che di nome, divenendo la potenza navale dominante nell’Oceano Indiano. Esso instaurò un sistema di fortezze e scali commerciali e consolidò un dominio assoluto su città chiave come Goa, Malacca e Ormuz (tutte e tre entro il primo quarto di secolo). Per oltre un secolo, i lusitani riuscirono a controllare il traffico delle spezie tra Asia ed Europa.

Alla grande vittoria lusitana corrispose una grande sconfitta per i membri della coalizione. I mamelucchi in Egitto patirono in particolar modo le conseguenze della sconfitta, visto che entrarono in una spirale di crisi dalla quale non uscirono mai più (Sul Cairo dal 1517 iniziò a sventolare la bandiera ottomana). A cascata ne risentì Venezia, che dipendeva dalle rotte mamelucche per il commercio di spezie nel Mediterraneo. Quando la prossima volta sentirete parlare di “battaglie epocali che hanno cambiato il corso della storia“, per favore, ricordatevi della battaglia navale di Diu.