Un tassello del passato, fino ad oggi sconosciuto e apparentemente ermetico nella sua comprensione, è stato finalmente svelato. Un’antica lingua iraniana, parlata nell’immenso Impero Kushan (esistente dal I al IV secolo d.C. in una vasta area compresa grossomodo tra l’Asia centrale e il settentrione del subcontinente indiano), sveste i panni di idioma indecifrabile per vestire quelli di linguaggio compreso. Tutto grazie all’archeologia! Tutto grazie agli esperti dell’Università di Colonia, operativi in Tagikistan, nei pressi della Gola di Almosi. Analizziamo qui di seguito i dettagli della scoperta, rivoluzionaria nel campo di ricerca entro il quale si inserisce.
La lingua iraniana di cui si parla non ha ancora un nome ufficiale (fino a poco tempo fa ci si riferiva ad essa con la dicitura “lingua del re” o ancora “idioma sconosciuto del Kushan”). La proposta dei ricercatori interessati prevede invece il nome “Eteo-Tochariano“. Tracce del suo sistema di scrittura in realtà sono note alla comunità archeologica e scientifica fin dagli anni ’50 dello scorso secolo. Tale sistema, in uso più o meno dal II secolo a.C. fino al VIII secolo d.C. in aree centroasiatiche abitate dai popoli delle steppe (l’esempio fatto dagli archeologi è quello degli Yuèzhī, dinastia regnante nell’Impero Kushan), si è manifestato a noi contemporanei esclusivamente in forma di brevi iscrizioni. Esse sono presenti nelle aree dell’Afghanistan, Tagikistan, Pakistan, Uzbekistan e India settentrionale.
Dalla metà del secolo scorso ad oggi si sono verificati dei validi (ma vani) tentativi di decifrazione della scrittura, considerata a lungo illeggibile. E qui giungiamo al succo della scoperta, come anticipato avvenuta nella Gola di Almosi, a 30 km dalla capitale Dushanbe. L’archeologo tagiko Bobomullo Bobomulloev ha scoperto delle iscrizioni identificabili con la “lingua del re”.
Eppure le incisioni sulla roccia presentavano una particolarità fin da subito constatata. Sembravano avere un corrispettivo scritturale poco più in basso, come una sorta di testo derivato da una traduzione. Un’analisi più accurata ha confermato – tra lo stupore dei presenti – la sensazione iniziale. La traduzione in battriano (di cui si conosce parzialmente la struttura grammaticale) ha permesso la decifrazione della lingua iraniana sconosciuta.
Il tutto è avvenuto grazie ad una tecnica che prevede la sostituzione di determinati valori fonetici plausibili per diversi segni della scrittura incompresa. Se volessimo fare un paragone estremamente più “impattante” in termini di ricerca storica, potremmo avvicinare il caso delle iscrizioni nella Gola di Almosi alla Stele di Rosetta.
Ma cosa dice il testo? Innanzitutto riporta il nome di un sovrano Kushan, tale Vema Takhtu, il quale regnò tra l’80 e il 90 d.C. Perciò si pensa possa essere un elogio al cosiddetto “Re dei Re” o ancora un suo decreto reale. Non c’è certezza, ma le analisi sono ancora in corso; probabilissimo un aggiornamento della vicenda in questi prossimi mesi. Resta tuttavia la grandiosità della scoperta, destinata a tracciare una linea di studi in merito ad una lingua rimasta “sconosciuta” ai più per più di un millennio. Fino ad oggi, grazie al miracolo dell’archeologia.