A ben vedere la mancanza del volto, la pregevolezza del marmo, la sontuosità delle linee e la perfezione stilistica dietro ogni intaglio rendono l’Afrodite di Tusculum un’enigma senza apparente soluzione. Sì, un arcano forse irrisolvibile ma dal fascino senza tem4po. Scoperta nel parco archeologico di Tusculum, ovvero a pochi chilometri dalla città di Roma e ben addentro la placida calma tipica dei Castelli Romani, la statua rappresenta una finissima testimonianza scultorea d’epoca romana.
Il ritrovamento risale allo scorso anno. Era l’estate del 2023 quando gli archeologi nell’area di scavo corrispondente alle Terme Adrianee ritrovavano la figura femminile in candido marmo pario. Subito si è cercato di fornire un’identità all’opera: si è detto una ninfa, poi una baccante e dopo ancora una musa. I confronti con opere scultoree simili non hanno tardato ad affermarsi. Non pochi hanno trovato dei punti in comune con alcune sue “gemelle”. Tra queste merita una menzione d’onore l’Afrodite di Epidauro, esposta al Museo Nazionale d’Atene.
L’assenza del capo e degli arti superiori conferisce alla statua un alone di mistero, il quale esalta (invece di sminuire) il tratto artistico dell’opera. Perciò l’occhio di chi osserva è estasiato dall’elegante drappeggio, dal seno che timidamente traspare dal tessuto inumidito, dal dettaglio dionisiaco rivelato da un lembo in pelle di cervo. Facile restare a bocca aperta dinnanzi cotanta beltà per citare qualcuno che di estetica (seppur decadente) se ne intendeva.
La Scuola spagnola di Storia e Archeologia di Roma (EEHAR-CSIC) ha condotto la campagna di scavo in funzione del progetto “Tuscolo Eterna Bellezza“. Oltre all’Afrodite di Tusculum sono tornati alla luce resti monumentali per secoli rimasti interrati ove un tempo sorgeva il complesso termale d’epoca adrianea.
La statua femminile è straordinaria anche per motivi che esulano dal suo oggettivo incanto. Si tratta del primo reperto archeologico ritrovato nell’area d’interesse di cui è possibile ricavare un contesto storico accertato. Ricordiamo come la sala termale, oggi sotto la luce del sole, nel tempo venne “coperta” da strati di materiale accumulatosi a partire dai secoli tardoantichi. La tendenza si è protratta per tutto il Medioevo e la Modernità, con una “riscoperta” parziale risalente al secondo Ottocento.
Antonio Pizzo, direttore della Scuola spagnola di Storia e Archeologia di Roma, commentava così, qualche mese fa, l’esito della ricerca: “Questo attributo dionisiaco sposta l’interpretazione verso tre soluzioni: una menade, una baccante, però non in movimento rispetto al solito, una musa o una ninfa. La differenza è fondamentale anche per capire cosa c’era dal punto di vista della decorazione scultorea che è all’interno di tutte le terme. La statua rinvenuta a Tusculum arricchisce un ristretto panorama di sculture considerate repliche del modello legato all’Afrodite di Epidauro: ne esistono solo altre cinque copie conservate ad Atene, a Monaco, a Genova, a Firenze e a Roma”.