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Jean Hardouin e l'irragionevole teoria del tempo fantasma

Jean Hardouin e l’irragionevole teoria del tempo fantasma

Ennesimo capitolo della mia crociata contro il complottismo, e più nello specifico contro le forme estreme di revisionismo storico. Questa volta intendo convogliare la vostra attenzione su una teoria, tanto stravagante quanto isolata, nata in Francia nella seconda metà del XVII secolo. La sua paternità va riconosciuta a Jean Hardouin, gesuita, filologo, antiquario e dotto istigatore, nato nel 1646 in una cittadina non lontana dalle coste bretoni, morto 83 anni dopo a Parigi, al volgere del 1729. Il nome di questo prete non vi dirà nulla (per fortuna) ma dovete sapere che esso è legato alla cosiddetta teoria del tempo fantasma. In poche parole, una delle forme più radicali di revisionismo storico mai ideate.

Jean Hardouin e l'irragionevole teoria del tempo fantasma

Sbaglieremmo, tuttavia, a credere che la vita adulta di Jean Hardouin sia iniziata nel segno della cospirazione. Fin da piccolo mostrò una spiccata propensione agli studi classici. Si unì per questo ai gesuiti e completò gli studi sotto la loro ala. Negli anni ’80 del Seicento Hardouin si distinse come brillante retore, nonché sopraffino bibliotecario. A suo nome si pubblicò un’edizione critica delle opere di Temistio e una riduzione ad usum Delphini della Naturalis historia di Plinio il Vecchio. Inoltre mostrò un particolare interesse per la numismatica, della quale risulta essere uno dei pionieri. Insomma, Jean Hardouin tutto era fuorché uno sprovveduto. Purtroppo la sua spavalderia intellettuale, un fiuto particolarmente sviluppato per l’eresia e la voglia di mettersi in mostra lo condussero verso la cattiva strada.

L’inizio della fine si ebbe quando, alla fine del secolo, il gesuita bretone affermò pubblicamente di aver scoperto l’unico criterio veramente oggettivo per lo studio della storia: la moneta. Da qui la spirale verso l’oblio della ragione. Hardouin palesò sospetti sulla bontà delle opere dei Padri della Chiesa, sul fatto che la loro datazione non combaciasse con le informazioni che dalle monete si potevano trarre. Nel 1692, dopo circa due anni di intensa critica, giunse al verdetto finale. Tutto ciò che era stato scritto in nome della Santa Romana Chiesa prima del XIV secolo, doveva considerarsi falso.

tempo fantasma Jean Hardouin

Parole pesanti, messe per iscritto tra l’altro. Nella sua opera Prolegomena ad censuram veterum scriptorum il controverso autore negò tutto ciò che di appurato vi era fino ad allora, almeno in tema di antichità. Negò l’esistenza di tutti gli autori greci e latini, di conseguenza le loro opere, invero redatte da falsari dal 1300 in poi. Rinnegò persino gli scritti sui quali si fondava la millenaria dottrina cristiana, aggiungendo a margine come i primi tredici secoli di storia cristiana si basassero sulla trasmissione orale dei sacramenti.

Riuscite a comprendere la portata di queste supposizioni? Se nella testa di Hardouin centinaia e centinaia di testi raccontavano il falso, perché redatti in epoche di molto posteriori, allora le persone e gli eventi che gli stessi documenti citavano potevano essere considerati altrettanto contraffatti. In breve, se si potevano falsificare persone e accaduti, il dubbio ricadeva pesantemente sui secoli, perciò sul tempo. Il gesuita non ampliò ulteriormente queste ardite congetture. In realtà non fu dato loro risalto dalla comunità accademica, che si affrettò a bollarle (giustamente; mi permetto) come fandonie. La teoria del tempo fantasma – nome convenzionale, perciò mai utilizzato da Hardouin – rimase latente, come un tizzone di brace che può riaccendersi al soffio altrui.

tempo fantasma falso donazione di Costantino

Indovinate un po’? Qualcuno soffiò. Prima Immanuel Velikovsky, psichiatra russo naturalizzato americano che nel secondo dopoguerra contestò la storia egizia, salvo poi disconoscere il cosiddetto “Medioevo ellenico”. Da quest’ultime posizioni l’editore tedesco Heribert Illig trasse una conclusione ancor più fantasiosa, ovvero che il Sacro Romano Impero, e più nello specifico il duetto composto da Ottone III di Sassonia e da Papa Silvestro II, inventarono di sana pianta l’arco di tempo che andò dal 614 al 911 d.C. Significava riscrivere in toto la cronologia degli eventi togliendo dal novero tre secoli buoni di storia medievale. Attenzione però, che il carico da novanta porta il nome di Anatoly Fomenko.

Fomenko, matematico russo che di storia ne capiva quanto io ne capisco di meccanica quantistica, pubblicò una sorta di bibbia del complottismo, intitolato History: Fiction or Science? Un nome, una garanzia. La teoria del tempo fantasma in Fomenko raggiunge il suo picco massimo. L’astrusità delle sue posizioni è tale che mi risulta complicato spiegarvele. Per farla semplice, Fomenko arrivò a sostenere come esistessero due linee temporali, la prima che va dall’anno zero fino all’anno mille; la seconda che va dall’anno mille fino ai giorni nostri. Mentre la seconda e più recente linea temporale è attendibile, la prima non è solo totalmente inventata, ma è la “copia creativa” della seconda. Vi faccio un esempio: secondo questa narrazione Gesù è nato nel 1152 d.C., Plutarco sarebbe il rifacimento antico di Petrarca e Salomone diventa l’alter ego fantasioso di Solimano il Magnifico.

tempo fantasma

Ora qui si potrebbe dare avvio ad una discussione inerente la metodologia, il funzionamento della psicologia umana e l’influenza di fattori esterni quali, ad esempio, il contesto socio-politico. Per quanto interessante, non mi pare essere questa la sede adatta per farlo. L’importante è sottolineare il decorso che queste speculazioni revisioniste e pseudo-storiche hanno avuto dopo la loro pubblicazione.

Da Hardouin a Fomenko, la teoria del tempo fantasma non ha incontrato il favore degli storici (fortunatamente c’è ancora speranza nel genere umano). Contro lo stravagante pensatore francese si scagliò l’orientalista Mathurin Veyssière de La Croze, in ben due attacchi letterari. La Compagnia di Gesù incitò il pontefice – Clemente XI prima, Benedetto XIII poi – a sguinzagliare i funzionari dell’Indice contro i libri di Hardouin. Messo alle strette, egli abiurò, anche se in privato continuò a sostenere le sue idee fino alla fine dei suoi giorni. Similmente i propositi di Velikovsky, Illig e Fomenko sono finiti nel cestino alla stregua della carta straccia.

Non per questo si deve abbassare la guardia. Anzi, mantenerla alta è una prerogativa di carattere morale per non concedere spazio di manovra a chi tenta ogni giorno di mettere in discussione – anche se sprovvisto di criterio scientifico, anche se ottuso nel giudizio – lo studio propositivo della storia, in ogni sua forma e sostanza.