Nel fondare il Deutsche Arbeiterpartei (DAP, Partito Tedesco dei Lavoratori; futuro NSDAP) Anton Drexler nel 1919 voleva lanciare un forte messaggio nazionalista, socialista nonché antisemita. L’agitatore populista inquadrava gli ebrei tedeschi come i veri traditori della patria durante il primo conflitto mondiale. Gli unici veri responsabili di quella catastrofe umanitaria, sociale, economica e militare abbattutasi su una Germania in cerca di purezza. La vulgata ebbe grande seguito, divenendo uno dei cavalli di battaglia della propaganda d’estrema destra, volta a picconare quella fragile impalcatura repubblicana. Accuse pesanti sulle quali oggi è nostra intenzione soffermarci, chiedendoci: c’è del vero?
Giungiamo ad una risposta, ma sul viale della conclusione. Per ora una premessa e qualche dato. La presenza ebraica nelle file dell’esercito imperiale è riscontrabile fin dalla prima metà dell’Ottocento. Fonti attribuibili al Kaiserreichsheer indicano alcuni uomini di chiara fede giudaica come “elementi di distinzione” nell’ambito della Guerra Franco-Prussiana. C’è da dire come questo loro risalto non fosse servito a molto, visto che gli alti quadri militari teutonici difficilmente (anzi, era quasi impossibile accadesse) promuovevano di grado soldati ebrei. Si spiega così l’assenza di ufficiali giudaici nell’esercito del Kaiser all’incombere della Prima Guerra Mondiale. L’unica eccezione fu la sezione bavarese, perché dalle parti di Monaco si era contrassegnati dall’etichetta liberale.
Ok, di ufficiali non ve ne erano, ma se consideriamo gli inferiori di grado, a quanto ammontava il contributo ebraico: 100.000 anime circa. La maggior parte di questi mossi da un vero spirito patriottico, convinti di essere i Grandi Offesi dall’insolenza inglese, dal rancore francese o dalla prepotenza zarista. Diciamo che il sentimento della minoranza religiosa alla vigilia di quel primo agosto 1914 (dichiarazione di guerra alla Russia) era conforme a quello della popolazione germanica. Poi lo scaltro Guglielmo II, parlando alla nazione, seppe calibrare bene le parole, affermando come fosse necessaria una salda unione del popolo “senza tener conto dei partiti politici, dello stato sociale e della religione”. Come può interpretare queste parole un giovane di fede ebraica volenteroso di partire per il fronte? Il Kaiser non fa distinzioni religiose, è portatore di un messaggio egualitario.
100.000 appunto, una cifra importante, senza contare chi si dedicò al servizio medico-veterinario. Della stima iniziale, dobbiamo tenere a mente come circa 10.000 partirono volontari. Se cinquant’anni prima era pressoché vietato elevare di grado un ebreo, a conflitto in corso le cose cambiarono. Più di 20.000 ottennero una qualsivoglia forma di promozione. In 30.000 invece ricevettero una medaglia al valore e tanti spinsero per farla attribuire a compagni meritevoli. Qui si inserisce una vicenda nota: il luogotenente ebreo Hugo Gutmann raccomandò personalmente un ventinovenne austriaco dal baffetto particolare (pronunciare il suo nome è mortifero per noi, ci dispiace) per l’ottenimento della Croce di Ferro.
Altre considerazioni riguardano alcuni “primati” dei cosiddetti traditori ebrei. Prendiamo il più giovane e il più anziano arruolato nel Deutsches Heer, sono entrambi parte della comunità ebraica. Il primo ha 13 anni nel 1917, si chiama Joseph Zips, perde le gambe in battaglia e muore nel 1934, mentre il paese per il quale si è sacrificato scivola definitivamente nel totalitarismo. Il secondo di anni, al momento dell’arruolamento, ne ha 63, è il volontario Adolph Stern. Alla fine, comunque, 12.000 ebrei tedeschi morirono durante la guerra.
L’astio e l’intolleranza anti-ebraica erano ben radicati in quella società, perciò associazioni dichiaratamente antisemite iniziarono una campagna diffamatoria in tal senso fin dai primi giorni di guerra. Iniziative, queste, che puntavano alla raccolta dati per provare “accertate diserzioni”. Di tutte quelle avvenute, quelle ebraiche si contavano sulle dita di una mano. A nulla servirono le controprove documentate: la mannaia della purezza germanica doveva per forza di cose pendere sul collo della Jüdische Gemeinschaft (comunità ebraica). Traditori nella Repubblica di Weimer del primo dopoguerra vi furono, sì, erano coloro che non riconoscevano e anzi rinnegavano il contributo versato col sangue dall’1% della popolazione residente.