Pensando ai grandi scultori difficilmente vengono in mente personalità cattive. Eppure nella storia ce ne fu uno che si prodigò nel creare una macchina molto particolare, e di sicuro non lo fece dilettare gli occhi e l’animo di chi la guardava. Lo scultore era Perilao e l’opera era il Toro di Phalaris.
Perillo di Atene, o Perilao, nacque tra il 570 ed il 560 a.C. e, come sopra detto, era uno scultore. La sua invenzione principale, o per lo meno quella per cui è ricordato, fu il suo famoso Toro. Non si trattava però di una scultura di un possente animale in tutta la sua forza o nel dinamismo del suo movimento.
La diabolica creazione era una macchina da tortura. L’animale era infatti scolpito nell’ottone, che si scaldava facilmente, e sotto di esso andava acceso un tranquillo fuocherello, per riscaldare un po’ la situazione. La persona chiusa dentro la macchina moriva consumata dal calore delle fiamme.
La genialità o il sadismo forse dell’autore non era finito. Il toro aveva anche un meccanismo speciale che lasciava trasparire le urla del malcapitato come se uscissero direttamente dalle fauci del toro. Era una macchina incredibilmente crudele e di fortissimo impatto.
Perillo la presentò contentissimo a Falaride, tiranno di Agrigento, convinto che l’avrebbe apprezzata e utilizzata. Sperava magari in un riconoscimento o in un’onorificenza. Non immaginava forse che il primo a testare la macchina sarebbe stato proprio lui. Falaride infatti ordinò di rinchiudere il diabolico scultore nel toro ed appiccare il fuoco aldi sotto della statua.
Forse era meglio per Perillo concepire sculture artistiche. Forse era meglio lasciare la tortura da parte. Insomma, per lui non finì per nulla bene, anche perché, tolto dalla macchina prima di morire, venne gettato poi da una rupe, sempre per volontà di Falaride. Secondo la leggenda inoltre anche quest’ultimo, una volta spodestato, fu vittima della macchina in questione. Non esattamente una bella storia di pace e prosperità.