La Prima Guerra Mondiale fu un conflitto traumatico ed inaspettatamente lungo e sanguinoso per tutti i fronti coinvolti. Ci si aspettava un’antica e consueta guerra veloce con poche vittime, tanto che le donne accompagnavano i propri giovani ragazzi e mariti sventolanti fazzoletti bianchi e gioiose, così come gioiosi di partire erano i soldati. Fatti come quelli di Carzano dimostrarono purtroppo l’esatto contrario.
Divenuto presto un conflitto di posizione, gli spargimenti di sangue proseguirono a lungo, contro qualsiasi aspettativa. Fece il suo triste ingresso in campo una nuova protagonista: la trincea. Altro termine topico del periodo fu la “terra di nessuno”: un centro di morte, distruzione e sangue.
Tra Spera e Carzano avvenne invece l’episodio in questione. Si trattò di un tradimento di un ufficiale austriaco, disilluso dalla guerra e contrario al proprio impero che accordò un attentato con il il maggiore Cesare Pettorelli Lalatta.
L’ufficiale Ljudevit Pivko, di origine slovena, come da patti, narcotizzò gli uomini di guardia lungo la linea della zona, aspettando la presa italiana. Dei 44 mila italiani su quel fronte, solo 800 valorosi bersaglieri intrapresero però l’assalto. Questo perché il generale Etna, diffidente verso il traditore Pivko e pensando ad un’imboscata, si schierò contro l’impresa.
Le truppe austriache, allarmate dalla mancata comunicazione tra le varie linee coinvolte, coinvolsero subito un grande numero di uomini. I bersaglieri erano ormai spacciati. Presto sopraffatti, arrivò la sconfitta e la sepoltura in fosse comuni, mentre i morti austriaci ricevettero sepoltura singola.
Tutti sanno come andò a finire la guerra in seguito. Molto meno conosciuta era forse la vicenda narrata. A dare giusto merito al coraggio dei soldati italiani c’è oggi un monumento commemorativo, sostituto del più violento e xenofobo monumento del ventennio dittatoriale. Una triste storia dunque ma che ricorda il coraggio e la forza di 800 uomini caduti valorosamente per la patria.