Il Settecento è, per certi versi, un secolo straordinariamente paradossale. Facendo un po’ l’eurocentrico, paragono questo lasso di tempo specifico ad uno scatolone dal contenuto diversificato, talvolta antitetico per significato e impatto storico. Uno scatolone all’interno del quale troviamo “nuove” (ma in fondo vecchie) forme di Assolutismo, poi detto illuminato; ma è anche il contenitore in cui mettere l’esperienza rivoluzionaria, e non solo quella francese. Mescolando poi con la mano, potremmo trovare convenzioni sociali impensabili già in epoca ottocentesca, ma che in precedenza conobbero ampia applicazione: il Cicisbeo ricade in questa categoria.
Possiamo chiamarlo in diversi modi: appunto Cicisbeo, Cavalier Servante, semplicemente gentiluomo o giovin signore – appellativo quest’ultimo di pariniana memoria. Un vero e proprio accompagnatore per le dame europee del XVIII secolo. Già qui c’è bisogno di una precisazione. Il fenomeno fu vivido solo per quanto riguarda la grande realtà urbana italiana. Casi sporadici si registrarono anche in Francia e in Spagna, monarchie strettamente legate alla cultura e alle convenzioni italiane. Dire il contrario non è eresia, anzi…
Si potrebbe parlare di “Triangolo Amoroso”, ma ritengo che il termine, per quanto azzeccato in casi molto specifici, sia genericamente improprio. A smentire questa presunta triplice relazione ci pensa una verità fattuale. Il ruolo del Cicisbeo non solo era socialmente accettato, ma anche contrattualmente regolato. Non pochi accordi matrimoniali, stretti spesso da futuri coniugi non particolarmente “interessati” l’un dell’altra e viceversa, prevedevano l’inserimento dell’accompagnatore per le dame. L’aristocratico che non accettava tale clausola per la propria amata, poteva essere giudicato quantomeno di strette vedute.
Ho citato il “ruolo” del Cicisbeo senza menzionare parola alcuna a tal riguardo. Mi scuserete. Mettiamola così, la dama settecentesca in perenne cerca di svago frequentava caffè, teatri, andava a messa, passeggiava per la Milano o la Venezia di turno. Durante tutto questo tempo desiderava avere un uomo al suo fianco, che potesse non solo intrattenerla, ma “stuzzicarla” dal punto di vista intellettuale, magari ammaliarla col suo eventuale carisma maturato con l’età (a volte il giovin signore tanto giovine non era). Il Cavalier Servante poteva addirittura svolgere determinate mansioni al posto della signora, come fare le compere, occuparsi della corrispondenza e così via.
Il Cicisbeo svolgeva compiti “sociali” anche più complessi. Quest’ultimo, spesso di nobile provenienza, poteva addirittura allargare la cerchia d’amicizia della signora. Non era assolutamente raro che la donna si sposasse appena uscita dal convento, quindi sprovvista delle conoscenze sociali che ci si aspetta da una figura d’elevata estrazione. Poi sì, per sanare quel vuoto di curiosità che tutti hanno nell’approcciare questo argomento, lo diciamo: esistono casi ben documentati in cui l’adulterio diveniva una solida realtà. Anche per questo motivo i mariti facevano pressione per accaparrarsi la scelta del Cicisbeo, una pressione fallace tuttavia.
Cosa pose fine a questa colorita, gioiosa e socialmente accettata pratica? Diversi fattori, molti dei quali strettamente collegati al sintomo dei tempi che cambiano. Prima il pensiero romantico, il quale concedeva nuova linfa all’amore coniugale (non che prima non vi fosse) e quindi riduceva a sconvenienza il fenomeno del Cicisbeo. La Rivoluzione Francese, che non sconvolse solamente il piano geopolitico europeo, ma anche quello culturale. La parola chiave dal 1789 in poi divenne “contegno“, in contrasto col presunto “libertinismo” d’Antico Regime. La Restaurazione non restaurò il costume, in quanto una classe borghese affermata stava occupando posizioni preminenti della società. Infine il Risorgimento, che mutò per sempre i valori dell’Italia unita, rendendo blasfema la figura del Cicisbeo.