Le opere e la condotta di Oscar Wilde hanno lasciato un segno indelebile nella storia della letteratura. In vita fu un personaggio famosissimo, esibizionista fino all’inverosimile, impareggiabile conversatore e sagace provocatore dei benpensanti vittoriani. Al pari dei suoi scritti, anche la sua vita era avvolta dallo scandalo. Nonostante costituisse una figura polarizzante, le sue opere irriverenti e il suo modo di vivere lo resero immensamente popolare. Tuttavia quando era all’apice del successo, egli commise l’errore di citare in tribunale un esponente della classe dirigente inglese. Questa decisione avviò la sua esistenza verso una tragica e inarrestabile parabola discendente.
Fin dal principio della sua carriera letteraria Oscar Wilde poteva vantare infinite accuse di immoralità. Nonostante avesse optato per un matrimonio di convenienza, la sua indole lo rendeva totalmente inadatto a svolgere il ruolo di marito e di padre di famiglia. Anziché abitare con la moglie, egli scelse fin da subito di vivere in un albergo, dove correva voce ricevesse molti amici e ammiratori. Come ben sappiamo, Oscar Wilde non fu mai un uomo discreto e questo fece sì che la sua relazione con il giovane Lord Alfred Douglas divenisse ben presto di dominio pubblico.
Chi per primo cercò di porre fine a un rapporto così contrario alle norme sociali fu il marchese di Queensberry. Fino a quel momento tutti avevano taciuto, poiché non Wilde rimaneva pur sempre un personaggio pubblico. Il marchese, però, iroso e indignato avviò una vera e propria persecuzione ai danni dello scrittore. Alla prima londinese de L’importanza di chiamarsi Ernesto, lasciò a Wilde un biglietto altamente offensivo, che citava: “A Oscar Wilde che posa a sodomita”.
Ferito in ciò che aveva di più importante, ossia l’orgoglio, Oscar Wilde lo trascinò in giudizio per diffamazione. Disgraziatamente per lui, l’esito non fu quello sperato, tutt’altro. Il processo iniziò nel 1865 e si rivelò immediatamente una causa persa. Molte testimonianze in tribunale riconobbero l’omosessualità di Wilde come un dato di fatto, e non più come un pettegolezzo privo di conseguenze. Il tribunale emanò immediatamente un mandato di cattura per “atti osceni“, ribaltando totalmente il processo. Ora Wilde dovette sedere al banco degli imputati e ascoltare mentre la sua vita veniva esposta per il pubblico ludibrio.
Iniziò una sentenza interminabile, raccontata giorno per giorno con delle vignette satiriche sul Police News. Da che Oscar Wilde aveva destato un’enorme fascinazione nella società vittoriana, ora quest’ultima gli si scagliava contro con tutte le sue forze, rendendolo il capro espiatorio di tutte le colpe. Egli si accorse troppo tardi di aver messo in moto la macchina dello scandalo, alimentata da una folla assetata di sangue che esigeva la sua condanna. Insistette nel proclamare la propria innocenza, seppure le accuse contro di lui crescessero a velocità esorbitante.
Il processo indetto a Oscar Wilde rappresentò una sorta di catarsi per i vittoriani. Addirittura, l’accusa mise agli atti alcuni passi più celebri del romanzo Il ritratto di Dorian Gray. Purtroppo, le prove erano schiaccianti. La pena prevista parve eccessiva anche al giudice che la ritenne del tutto inadeguata per un caso simile. La sentenza condannò infatti l’imputato a 2 anni di carcere e ai servizi forzati, un’esperienza da cui Oscar Wilde non si riprese mai. Il verdetto rovinò la sua vita e la sua carriera, tanto che Hell Caine lo avrebbe definito “la tragedia più orribile di tutta la storia della letteratura”.