Negli ultimi tre abbiamo spesso sentito invocare la necessità di un “nuovo Piano Marshall” per uscire dalla crisi economica post pandemia. Lo stesso Recovery Plan dell’Unione Europea intende ispirarsi ad esso. Ma, dunque, che cos’è il Piano Marshall?
Questo è il soprannome con cui è comunemente noto l’ERP (European Recovery Programme), un enorme piano di aiuti economici che gli Stati Uniti vararono alla fine della Seconda Guerra Mondiale per finanziare la ripresa dell’Europa postbellica. Fu proposto dall’allora segretario di Stato George Marshall in un celebre discorso tenuto il 5 giugno 1947 all’Università di Harvard. Gli USA, infatti, nonostante l’immane sforzo bellico, con l’eccezione dell’attacco giapponese a Pearl Harbour, non subirono combattimenti sul proprio territorio. Perciò potevano disporre di un apparato industriale intatto. L’Europa, invece, era un cumulo di macerie.
Durante il conflitto, inoltre, Washington aveva rifornito i loro alleati di materiale bellico e di beni di prima necessità. Nel 1945 era creditrice di circa 40 miliardi di dollari. Una cifra che nello stato in cui versava il Vecchio Continente non sarebbe potuta ritornare tanto presto. L’Europa era poi il principale mercato di sbocco della sovrapproduzione americana: una ripresa dei consumi era quindi vitale anche per l’economia d’oltreoceano. Vi era poi l’assoluta urgenza di impedire che l’Europa Occidentale non finisse sotto l’influenza sovietica. Con le truppe dell’Armata Rossa in Germania e una situazione sociale a dir poco disastrosa, la possibilità che il comunismo si espandesse oltre la “cortina di ferro” era alquanto concreta.
Mel 1948, dunque, il Congresso approvò l’ERP e successivamente si istituì un organismo con sede a Washington predisposto alla gestione del piano di aiuti, l’ECA (European Cooperation Administration). In Europa i paesi che aderirono al Piano Marshall si associarono nell’OECE (Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica), con sede a Parigi. Ovviamente, non vi presero parte l’URSS e i paesi comunisti della sfera di influenza di Mosca.
L’organizzazione dell’invio degli aiuti avveniva in questo modo. Uno nazione aderente all’ERP formulava un piano di interventi economici con annesse richieste e lo inviava all’OECE, che lo esaminava e poi lo trasferiva all’ECA a Washington. Il governo americano poi passava all’acquisto sul proprio mercato delle merci richieste e le inviava in Europa. Il governo europeo ricevente, infine, vendeva tali prodotti a imprese e famiglie e con il ricavato finanziava la ricostruzione del proprio Paese.
Fra il 1948 e i 1952, quando il Piano Marshall ebbe termine, gli USA erogarono in totale ben 13 miliardi di dollari, fra aiuti a fondo perduto (la maggior parte) e prestiti. Gli aiuti furono per il 90% in fornitura di beni e solo il 10% in contanti. Inizialmente le richieste dei paesi aderenti comprendevano generi alimentari, fertilizzanti e mangimi per gli animali. Successivamente inclusero anche macchinari di ogni tipologia, materie prime e combustibili.
Tale generosità, ovviamente, non era fine a se stessa, ma servì a schiacciare l’ascesa dei partiti comunisti nell’Europa Occidentale e quindi legarla con sicurezza a Washington.