Nel 1991, tra le province di Chieti, l’Aquila e Pescara, nasceva un nuovo parco nazionale per l’Italia, quello della Maiella. Compatto, forte e deciso, il parco trova il suo nucleo fondante nel rilievo della Maiella, che gli da il nome, attorno al quale si snodano altri gruppi montuosi: Il monte Pizzi, il gruppo del Monte Porrara e gli altipiani maggiori d’Abruzzo. La sua cima più elevata è quella del Monte Amaro, che raggiunge ben 2793 m.s.l.m.
Dopo questa breve introduzione storica e orografica, analizziamo un lato più movimentato e caratteristico, ovvero quello leggendario. Il Parco Nazionale della Majella (o Maiella) ha un bellissimo racconto mitologico dietro, legato proprio alla più bella fra le ninfe Pleiadi: Maja. Era arrivata fuggente, con le sue lunghe e splendide trecce bionde, direttamente dall’Anatolia centrale. Ma perché scappava?
La sua era una corsa di puro amore materno: portava con se il figlio ferito Ermete, nato da una relazione con Zeus (e quando mai non c’entra il re dell’Olimpo in queste vicende!?). Temendo possibili nemici al suo inseguimento, cercò il posto più appartato e nascosto di tutti. Lo trovò proprio in una grotta di fronte il Gran Sasso. Proprio qui depose il figlio malato mentre lei cercava le erbe necessarie per curarlo.
Ma gli altipiani abruzzesi erano freddi e innevati. Le ricerche di Maja andavano per le lunghe e non riusciva a trovare ciò di cui necessitava. Mentre lei girovagava per l’Appennino, Ermete consumava i suoi ultimi respiri vitali. Tornata alla grotte vide il figlio esanime e si disperò profondamente: per 6 giorni rimase inebetita e piangente ai piedi del figlio.
Trascorso tale periodo e ripresasi dalla condizione di stordimento e di dolore, Maja seppellì il figlio proprio in quella zona. Al mattino gli abitanti delle vicinanze ricevettero una immensa sorpresa: Ermete era diventato una montagna altissima che si stagliava al loro cospetto. Da allora sarà conosciuta come “La Montagna che dorme“. Ma nemmeno questo consolò il cuore spezzato di una madre sofferente. Dopo poco tempo il dolore e la sofferenza portarono Maja verso la morte. Thanatos si prendeva anche lei.
I parenti della ninfa, sempre secondo la leggenda, la seppellirono adorna di ori e fiori di fronte il Gran Sasso. Da quel momento quelle cime assomigliano ad una bellissima madre accasciata ed impietrita. Il dolore che provò superava di gran lunga le dimensioni di queste montagne che, ancora oggi, ci raccontano questa bellissima narrazione mitologica antica.