Ogni grande città è detentrice di innumerevoli simboli del potere. Gli esempi si sprecano e noi italiani abbiamo la fortuna di poterli ammirare letteralmente ovunque, da Sud a Nord passando per il Centro. Un ragionamento, questo, che può coinvolgere tutte quelle città che in passato rivestirono il ruolo di grandi agglomerati urbani, apicali a livello amministrativo, burocratico e militare. Delhi, soprattutto durante gli anni del grande Impero Moghul (1526-1858), svolse alla perfezione questo compito, dotandosi anch’essa di un edificio simbolico, rappresentante il potere assoluto: il Forte Rosso.
La struttura sorse su un’area già ben fortificata fin dal XII secolo, nella città di Shahjahanabad (che molti di voi potrebbero conoscere con il nome più noto di “Vecchia Delhi”) per volere dell’Imperatore Moghul Shah Jahan (1592-1666). Sotto la supervisione dell’architetto Ustad Ahmad Lahori. Lo stesso che permise la costruzione del Taj Mahal per intenderci. I lavori ebbero inizio nel 1630 e durarono all’incirca un decennio. Salvo ulteriori ampliamenti avvenuti nel XIX secolo, il Forte Rosso mantenne la sua ossatura originaria fino alla caduta dell’impero.
L’edificio avrebbe accolto la famiglia imperiale e l’intera corte, con tanto di servitù e funzionari. La quasi totalità dei tesori del subcontinente indiano furono raccolti tra le camere del Forte Rosso, decretandone l’estrema centralità tanto a livello simbolico quanto strategico. Immaginiamo perciò la gioia dello Scià di Persia quando, nel 1739, sconfiggendo i Moghul, si impadronì della fortezza. Tra le meraviglie che intrapresero il viaggio di ritorno verso Esfahan annoveriamo il fastoso “Trono del Pavone”, di cui un giorno vi parleremo.
Il declino Moghul lasciò spazio di manovra agli inglesi. Per un secolo circa, fino a metà del XIX, essi mantennero ininterrottamente il controllo del forte, rendendolo un crocevia amministrativo. Sì, tornò nelle mani degli indiani durante i moti del 1857-58 ma l’esperienza fu breve perché il Raj Britannico se ne riappropriò con la forza. Pensate che dopo l’indipendenza indiana del 1947, il Forte Rosso è rimasto sotto la custodia esclusiva dell’esercito fino al 2003. Tornando all’idea architettonica originaria, è comprensibile il messaggio che la dinastia regnante volle lanciare con la costruzione del palazzo fortificato: abbiate paura.
Miscelando lo stile persiano, con quello timuride e indù, i lavoratori innalzarono mura alte fino a 22 metri. Esse proseguono per una lunghezza che sfiora i 2,5 km. Bastioni e torrette di controllo compaiono a perdita d’occhio. L’area è ottagonale e presenta due entrate principali: la Porta di Lahore e la Porta di Delhi. Se chiedeste ad una guida di indicarvi la struttura più affascinante dell’intero complesso, state certi che questa volgerà lo sguardo verso il Diwan-i-Aam. Si tratta della sala delle udienze reali, un ambiente immenso caratterizzato da 60 pilastri di arenaria rossa che sostengono un vastissimo tetto piano.
La maestosità di questo edificio ci ha colpiti fin dal primo istante ed è testimone di una grandezza che fin troppo spesso tendiamo non solo ad ignorare, ma anche sottovalutare. Il Forte Rosso merita una visita, perciò se capitate da quelle parti, oltre ad impazzire sui mille misteri della colonna di Delhi, passate anche dalla residenza di un impero che fu, quello Moghul.