Se dico “impero coloniale” il vostro immaginario punta dritto a potenze quali Inghilterra, Spagna, così come Portogallo, Francia e Olanda. Nessuno, ma proprio nessuno, oserebbe mai dire che i Cavalieri di Malta hanno provato a metà del XVII secolo a costituire un loro impero coloniale oltreoceano. Stona un po’, me ne rendo conto, ma il bello della storia è proprio questo: quando meno te l’aspetti, sa regalarti delle chicche estremamente suggestive e affascinanti.
La colonizzazione ospitaliera delle Americhe è un esperimento della durata di 14 anni. Gli estremi cronologici sono il 1651 e il 1665. Un arco di tempo relativamente breve in cui i Cavalieri di Malta estesero la loro autorità su ben quattro isole caraibiche, che sulla mappa potete scorgere voi stessi col nome di Saint Christopher, Saint Martin, Saint Barthélemy, Saint Croix. I toponimi non tradiscono il vostro intuito: c’è di mezzo la Francia.
Francesi erano le isole appena citate fino all’entrata in scena degli Ospitalieri. O meglio, non erano propriamente della corona di Francia, bensì della Compagnie des Îles de l’Amérique, una compagnia commerciale operante nel Nuovo Mondo sotto l’egida francese. Per una serie di imprevisti economici e giudiziari, la compagnia si apprestava ad andare in bancarotta al giro di boa del Seicento. Un momento in cui l’amministrazione delle colonie francesi (Nuova Francia e Antille francesi soprattutto) era in mano a membri dell’ordine maltese.
Il perché è più semplice di quanto si possa credere: buona parte dei Cavalieri di Malta era costituita da aristocratici francesi, così come tanti ufficiali della marina al servizio dei Borbone si erano formati nelle scuole nautiche del Sovrano Militare Ordine di Malta. Il fatto generò in pochi decenni un intreccio di interessi fra cavalieri dell’ordine ed élite del regno.
Chiarito questo aspetto, posso introdurre due personaggi centrali per la vicenda. Il primo protagonista risponde al nome di Giovanni Paolo Lascaris, 57° Gran Maestro dell’Ordine dal 1636 al 1657. A differenza dei suoi predecessori, egli palesò più di un semplice interesse nelle questioni coloniali, dal suo punto di vista un vantaggio in termini economici e di prestigio.
Il secondo uomo, ancor più importante del Lascaris, si chiamava Phillippe de Longvilliers de Poincy. Della sua vita si sa ben poco, se non che nacque in Francia da famiglia nobile, che divenne cavaliere dell’ordine in giovane età e che ricoprì un ruolo di vertice nell’amministrazione della Compagnie des Îles de l’Amérique. La sua figura e il suo operato mettono un po’ in crisi il tipo di narrazione che finora ho prediletto. Già, perché osservando più da vicino il lascito di Phillippe de Longvilliers de Poincy verrebbe da chiedersi se le colonie potessero davvero dirsi dei Cavalieri di Malta o se fossero più un dominio personale di Poincy. La sfumatura è lieve, quasi impercettibile, ma non cambia il succo del discorso.
Nel 1636 Poincy accettò il governatorato della compagnia sull’isola di Saint Christopher. L’anno successivo re Luigi XIII lo nominò luogotenente generale per l’intera area dei Caraibi. Poincy non se lo fece ripetere due volte e tentò fin da subito di realizzare una serie di progetti edilizi (con fini economici e commerciali) per potenziare la redditività delle isole. Per farlo servivano persone disposte a colonizzare quelle sperdute – e poco attrattive – porzioni di terra emersa. Insediamenti sorsero sulle isole di Saint-Barthélemy e Saint Croix tra il 1648 e il 1651.
Oltre agli insediamenti sorsero anche i problemi. In quegli anni l’amministrazione di Poincy, avallata inizialmente dal re di Francia e dal Gran Maestro Giovanni Paolo Lascaris, assunse le sembianze di una signoria de facto. Il governatore agiva senza consultare né gli agenti della compagnia (nominalmente detentrice dei territori per ordine reale) né l’Ordine di Malta. Attirò perfino le antipatie dei missionari cappuccini, i quali denunciavano l’accondiscendenza di Poincy nel trattare con i protestanti inglesi e olandesi, e perché no, le recriminazioni degli ugonotti, che invece ritenevano ingiusto il rifiuto del governatore a concedere la libertà ai figli degli schiavi riceventi il sacramento del battesimo.
Non piacevano poi i modi, tutt’altro che leggeri, con cui Poincy trattava i lavoratori sulle isole. Tutto ciò mentre viveva nello sfarzo della sua villa. La compagnia cercò di deporre l’amministratore ma quest’ultimo, avvalendosi anche della forza, tenne salda la sua posizione. All’indomani del 1650 la Compagnie des Îles de l’Amérique era sull’orlo del baratro finanziario. Phillippe de Longvilliers de Poincy si fece venire in mente un’idea diabolica: chiese ai Cavalieri di Malta di acquistare le isole di sua pertinenza così da sollevare la Francia, impegnata in altri affari, dall’eventuale amministrazione.
Lascaris approvò e le parti strinsero l’accordo nel 1651. Formalmente il re di Francia rimase sovrano dei possedimenti, ma l’Ordine di Malta deteneva la completa giurisdizione temporale e spirituale. Poincy ne uscì pulito, perché il consiglio del Gran Maestro prorogò il suo incarico come governatore generale. Certo, l’ordine affiancò a Poincy l’ex governatore della Nuova Francia, Charles de Montmagny, ma quest’ultimo giocò un ruolo secondario, se non terziario nell’intera storia. Il potere restava saldo nelle mani dello scaltro Poincy.
Il governatore provvide alla costruzione di case, edifici pubblici, strade e rafforzò per quanto possibile le guarnigioni a difesa delle isole. Incrementò la produttività delle piantagioni di canna da zucchero, principale se non unica fonte di guadagno delle colonie. Eppure l’agitazione causata dai metodi rigidi del governatore sfociò nell’insurrezione. Due in particolare tagliarono fuori il governo dell’Ordine di Malta prima da Saint Barthélemy e poi da St. Croix.
Già prima della morte di Poincy, i Cavalieri di Malta si erano convinti della dispendiosità di quei possedimenti a fronte di un guadagno pressoché irrisorio. Nel 1660 il “tiranno” tirò le cuoia. Ne ereditò la carica Charles de Sales (piccola curiosità: era un parente di San Francesco di Sales), il quale governò fino al 1665. In quell’anno l’ordine abbandonò il suo progetto coloniale, oltre modo esoso e poco remunerativo. Quella vecchia volpe di Jean-Baptiste Colbert, uomo di punta del regime assolutista di Luigi XIV, si attivò. Il ministro plenipotenziario fece pressioni ai membri dell’ordine, convincendoli a vendere i diritti sulle isole alla Compagnia francese delle Indie Occidentali. Terminò così, nel più totale anonimato, una delle vicende più stravaganti dell’intero XVII secolo.