I tedeschi lo soprannominarono fin da subito Caprivizipfel (lett. punta di Caprivi, lembo di Caprivi). Forse la locuzione “Dito di Caprivi“, nome italiano di quella striscia di terra che dall’Africa Tedesca del Sud-Ovest si estendeva per 450 km penetrando nella regione dello Zambesi, rende maggiormente l’idea. Oggi osserveremo come un saliente innaturale, privo di qualsivoglia valenza culturale, geografica ed etnico-territoriale, possa simboleggiare a pieno il classico spirito opportunistico di stampo colonialista.
Qui l’uomo bianco giunse nei primi anni del XIX secolo. Fu David Livingstone il primo europeo a calpestare il terreno fangoso di questa porzione di mondo. Di conseguenza furono gli inglesi a giudicarsi i territori ad ovest del fiume Zambesi durante la spartizione dell’Africa. Quello che oggi è noto come Dito di Caprivi, fino al 1890 fu di competenza britannica, nella fattispecie del Protettorato del Bechuanaland (Botswana).
Il 1° luglio 1890 Secondo Reich e Impero britannico sottoscrissero gli accordi di Helgoland-Zanzibar. Stando alle clausole principali del trattato – per effetto del quale le due potenze determinarono i rispettivi interessi economici e territoriali sulle terre africane di loro competenza – si venne a formare la ben nota Africa Tedesca del Sud-Ovest (Deutsch-Südwestafrika, poi Namibia). Tuttavia gli alti vertici prussiani, tra cui il cancelliere Leo von Caprivi, notarono con disappunto la mancanza di uno sbocco sul fiume Zambesi (e quindi sul lago Tanganica). Suddetta prospettiva sarebbe stata vitale per i commerci fluviali, per il potenziale economico della regione e per eventuali mire espansionistiche verso l’Africa centrale.
Seduti attorno ad un tavolino, rappresentanti di Sua Maestà la regina Vittoria e del Kaiser Guglielmo II stipularono un ulteriore accordo (1895). Alla Germania sarebbe spettato un lembo di terra che avrebbe collegato la Namibia alle rive dello Zambesi (una striscia di terra non più lunga di 450 km e non più larga di 30 km). Tutto ciò ad una sola condizione: i tedeschi non avrebbero dovuto disturbare o influenzare in alcun modo il Sultanato di Zanzibar, strategico protettorato inglese. A sottoscrivere l’accordo fu proprio il cancelliere Leo von Caprivi, da cui l’innaturale e singolare regione prese il nome.
Il successore di Otto von Bismark alla cancelleria del Reich cercò di realizzare nel Dito una rete di canali che permettessero effettivamente il passaggio delle imbarcazioni. Il tentativo fallì miseramente, vista la conformità territoriale decisamente ostile all’intervento dell’uomo. La regione rimase perciò sottosviluppata, scarsamente popolata e non così redditizia da un punto di vista geopolitico.
Anche dopo il cambio di autorità, maturato dopo la Grande Guerra, il rinnovato dominio britannico non mutò lo status quo. Esso non fece nulla per migliorare la condizione delle genti che abitavano (e abitano) quella terra. Ancora oggi il Dito di Caprivi è una realtà tangibile. Costituisce una delle 14 regioni amministrative della Namibia, ma soprattutto porta con sé la scomoda eredità dell’opportunismo colonialista.