La guerra gotica, bene, dove ci eravamo lasciati? Ah, sì! Mentre stava già pregustando una rapida e facile vittoria in Italia, Giustiniano venne a sapere di una notizia sconcertante. Le truppe persiane avevano varcato la frontiera siriana e minacciavano Antiochia, una delle maggiori città dell’Impero. Belisario fu dunque richiamato a Costantinopoli e spedito in Oriente. La sua partenza dall’Italia aveva lasciato una situazione confusa: né fu nominato un nuovo comandante supremo né i generali rimasti presero alcuna iniziativa bellica. Di questo, ovviamente, giovarono gli Ostrogoti.

Dai territori a nord del Po, non occupati dai Romani, essi cominciarono a riorganizzarsi. Assunsero Pavia quale centro operativo ed elessero quale nuovo monarca un uomo dal nome assolutamente significativo: Totila, che in lingua gota significa “l’immortale“. Si dimostrò subito un ottimo comandante militare e un politico accorto. Seppe abilmente sfruttare il malcontento per la politica economica austera del logoteta Alessandro, inviato in Italia da Giustiniano. Promosse inoltre espropri nei confronti dei senatori romani, sostenitori della riconquista giustinianea, affrancandone i servi, che affluirono nell’esercito goto.
La sorte della guerra cambiò radicalmente. Le forze ostrogote cominciarono a raccogliere vittorie su vittorie, arrivando ad infliggere una pesante sconfitta alle forze romane rimaste in Italia nella battaglia del Mugello. Entro la fine del 542, rimanevano in mano romana solamente Ravenna, Roma, le isole e qualche città costiera.

La disastrosa situazione militare in Italia convinse Giustiniano a inviare nuovamente Belisario nella Penisola, ma questa volta con scarsissimi mezzi, ufficialmente per non sottrarre troppe forze dal fronte orientale contro i Persiani, ma forse anche per sospetti sulla fedeltà del generalissimo.
A questo poi si aggiunsero nuovamente disaccordi sulle azioni da intraprendere fra Belisario e il generale Giovanni. Quest’ultimo in particolare, dapprima abbandonò il teatro bellico per curare a Costantinopoli le proprie nozze con una cugina dell’imperatore e poi, una volta sbarcato con rinforzi in Puglia e aver riconquistato gran parte dell’Italia meridionale, inspiegabilmente bloccò la sua marcia verso Roma, che nel frattempo era stata posta sotto assedio dagli ostrogoti.
Belisario tentò quindi una spedizione navale in solitaria lungo il Tevere per rompere l’accerchiamento goto, ma nuove divisioni fra i comandanti romani determinarono il fallimento della missione.
E così il 17 dicembre 546 Totila entrò trionfante a Roma. Il saccheggio che ne seguì fu un colpo durissimo per la città eterna, già fiaccata dalla carestia dovuta agli avvenimenti bellici. Totila, a questo punto, inviò emissari a Costantinopoli per chiedere la pace ma, in seguito, il proseguo delle operazioni militari in Lucania lo convinse a recarsi personalmente per debellare le forze romane lì presenti. Portò con sé numerosi senatori romani e lasciò invece il grosso dell’esercito goto in presidio ad Algido, vicino Velletri. Ordinò anche lo smantellamento di circa un terzo delle mura perimetrali di Roma.

La partenza del re ostrogoto permise a Belisario di riprendere l’iniziativa: con un colpo di mano, si impadronì nuovamente di Roma e vi si trincerò, disponendo incessanti lavori per la ricostruzione delle mura abbattute dai Goti.
Il successo, unito ad un altro ottenuto da Giovanni in Italia e all’arrivo di rinforzi da Costantinopoli al comando di Valeriano, sembrarono dare ai Romani nuove speranze. Ma esse si infransero subito dinnanzi a due sconfitte patite per mano di Totila in Puglia e Calabria. Le disfatte, poi, scoraggiarono ulteriormente i soldati, già fiaccati dalla cronica mancanza di cibo e denaro: le diserzioni nelle file dei Romani esplosero. Inoltre, all’inizio del 549, Giustiniano richiamò Belisario per spedirlo in Oriente contro i Persiani. In questo modo l’esercito imperiale in Italia perdeva la sua guida più capace.
A questo punto gli Ostrogoti, imbaldanziti dalle continue vittorie, decisero di riprendersi Roma, dove Belisario aveva lasciato un presidio di circa 3000 uomini al comando di un suo luogotenente, Diogene. Anche questa volta, grazie al tradimento di una guarnigione romana che da parecchio tempo non riceveva più stipendio, le truppe ostrogote rientravano un’altra volta nella città eterna. A questo punto, Totila aveva sotto il proprio dominio ormai l’intera Italia peninsulare: la clamorosa disfatta dei Romani si faceva sempre più concreta. Ma gli imperiali avevano ancora carte da scoprire. La “guerra gotica” non era finita.