Storia Che Passione
Il cammino di Santiago: l'Odissea dei pellegrini, percorso

Il cammino di Santiago: l’Odissea dei pellegrini

Durante il Medioevo, i pellegrinaggi non erano solo un’occasione per rafforzare la propria fede. In alcuni paesi infatti, coloro che portavano a termine il cammino di Santiago per ben 3 volte, erano esentati dal pagamento delle tasse! Forse non è assurdo pensare che l’intrigantissima prospettiva dell’esenzione fiscale potesse aver rinforzato molti fedeli nei loro propositi religiosi… In ogni caso, il percorso di un pellegrino non era per nulla facile, poiché banditi, assenza di indicazioni e locandieri senza scrupoli erano all’ordine del giorno.

Oltre alla nostalgia per parenti e familiari, ci si doveva confrontare anche con pidocchi, cimici, malattie e moltissimi altri disagi. Senza contare poi che le regioni attraversate erano spesso sconosciute, come anche la lingua che ivi si parlava. Non a caso possediamo molti manoscritti di monaci che avendo già percorso il cammino, avvertivano su pericoli specifici che i vari passaggi potevano presentare. Così fece Aymeric Picaud con il suo Codex Calixtinus, che metteva in guardia dai fiumi pericolosi, dai tafani e dai barcaioli imbroglioni.

A partire dal XII secolo, una volta spinti i musulmani verso il fiume Guadiana e le valli del Tago, il tratto francese si trovò ad essere nuovamente percorribile. Tant’è che questo percorso divenne ben presto il più utilizzato dai pellegrini, che partivano da Saint-Jean-Pied-de-Port e Roncisvalle. Non dimentichiamoci poi che per molti occorrevano mesi anche solo per giungere al punto di inizio del cammino! Infatti nella località francese di Ostabat confluivano personaggi dalle zone relativamente vicine: bretoni, fiamminghi, guasconi, anseatici o franchi. Questi facevano sosta a Saint-Jean-Pied-de-Port, salivano verso il porto di Ibañeta e giungevano finalmente a Roncisvalle.

Molte cronache e racconti parlano di una segnaletica più che inadeguata. I viandanti si trovavano in difficoltà soprattutto nei valichi di montagna, dove la neve cancellava sentieri e tracce. Teoricamente si usava segnalare il percorso attraverso paletti conficcati nel terreno, ma senza manutenzione ogni indicazione scompariva in pochissimo tempo. Per sopperire a questa problematica, che in molti casi poteva anche costare la vita dei pellegrini, vari sovrani incentivarono l’insediamento di ostelli e coloni con alcune esenzioni e libertà. In cambio di tali privilegi, avevano l’obbligo di segnalare il cammino.

Spesso erano i campanili ad aiutare i pellegrini ad orientarsi. Quando le tormente erano particolarmente violente, le campane di Somport, Roncisvalle, Foncebadón fungevano da fari terrestri per quanti si erano smarriti. Tuttavia, sebbene perdersi costituisse un grave inconveniente, il pericolo maggiore rimanevano ladri e furfanti. Le aggressioni capitavano di frequente nelle zone di maggior transito. Il bosco di Burgos, ad esempio, che portava al venerato sepolcro di San Juan de Ortega, era pericolosissimo. Per ovviare a questa mancanza di sicurezza, si cercava di spostarsi sempre in gruppo, com’era consuetudine anche in altri percorsi di pellegrinaggi europei.

La quantità di crimini perpetuati lungo il cammino era tale, che le autorità dovettero provvedere a regolare giuridicamente il fenomeno del pellegrinaggio giacobino. Fu il re Alfonso X il Saggio a emanare per primo delle norme che garantissero ai pellegrini il possesso dei loro beni. Ma quando dopo mesi il pellegrino giungeva finalmente nella città dell’apostolo, contentezza e beatitudine superavano di molto le angosce del viaggio. Sulla Plaza de la Azabachería, egli gridava “Ultreia!“, l’esclamazione medievale che esprimeva la gioia di essere arrivati destinazione. A ricompensarlo delle sue avventure – o disavventure – era un documento attestante il compimento del cammino di Santiago, oltre ai benefici spirituali guadagnati dal pellegrino per l’eternità.