Davvero si può pensare una cosa del genere? Realmente qualcuno può credere al fatto che i celiaci debbano “ringraziare” l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi, durata cinque lunghi anni e costata la vita ad un numero spaventoso di persone, non solo militari, ma anche civili, tra cui donne, anziani e bambini? Ovviamente no! Eppure la distorsione dell’informazione gioca brutti, anzi, orridi scherzi, facendo passare un conclamato fatto storico per quello che non è, ovvero una falsità bella e buona. Detto ciò, se si vuole trovare una correlazione tra celiachia e occupazione nazionalsocialista dell’area olandese, lo si può fare.
L’inizio dell’occupazione tedesca dei Paesi Bassi si fa risalire al maggio del 1940. Il paese, pur dichiarandosi neutrale, subisce l’invasione e l’instaurazione di un regime repressivo affidato al comando del reichskommissar Arthur Seyß-Inquart. Non mancano voci di dissenso e resistenza, tramutatesi ben presto in atti di partigianeria. Allo stesso modo non si possono ignorare atteggiamenti simpatizzanti se non proprio collaborazionisti nei confronti delle forze d’occupazione. Contrasti interni che sfociano in una serie di mosse e contromosse volte all’indebolimento delle parti.
L’esempio dei ferrovieri olandesi, propedeutico a questa narrazione, è calzante. Essi sabotarono le principali rotte ferroviarie per rallentare il sistema logistico tedesco. Gli ufficiali della Wehrmacht risposero a modo, centellinando la distribuzione dei beni alimentari e causando artificialmente una carestia. L’invernata tra il 1944 e il 1945 viene ricordata dagli olandesi con un nome specifico: Hongerwinter (lett. Inverno della fame). Fame e disperazione diffusa fecero sì che tanti, pur di non perire di stenti, arrivassero ad ingerire i bulbi di tulipano (potenzialmente tossici). All’Aia, per la precisione nell’Ospedale pediatrico Juliana, il dott. Willem Karel Dicke evidenziò un fatto alquanto peculiare: tra tutti i pazienti gli unici a non patire ulteriormente le piaghe della carestia erano i bambini celiaci.
Dicke studiava la celiachia da anni in realtà. E non deve sembrarci strano, perché fino a non molto tempo fa, di questo problema non si sapeva nulla o quasi. Sì, oggi possiamo definire le cause, i sintomi e le cure per chi soffre di celiachia, una malattia genetica autoimmune che comporta una forte insofferenza al glutine, proteina insita nei cereali. Neppure un secolo fa queste cose non si sapevano e Dicke lavorava per colmare suddetto vuoto medico-scientifico. Vero anche che il dottore olandese non fu il primo ad interessarsi del morbo celiaco. Studi – talvolta un po’ approssimativi – andavano avanti dagli ultimi decenni del XIX secolo (anche se il problema venne scoperto nel II secolo d.C.). Willem Karel Dicke fu uno dei tanti a volerci vedere chiaro, certamente uno dei più perspicaci.
Il dottore si convinse sempre di più sulla correlazione tra celiachia e cereali a partire dal 1932. In un primo momento, Dicke constatò come i celiaci soffrissero la somministrazione di una particolare cura servita comunemente con pane e marmellata. In assenza del pane quei malanni non sussistevano. Nel ’36 notò che un ragazzino celiaco in degenza ospedaliera, nutrito con tutto tranne che con derivati cerealicoli, cessò di avere i classici sintomi della malattia (dolori addominali, diarrea cronica, gonfiore, ecc.). Ma una volta dimesso il bambino tornò a star male.
Durante gli anni dell’occupazione tedesca Karel Dicke evidenziò come il digiuno e l’assenza di alimenti contenenti frumento garantisse ai bambini celiaci una miglior salute, naturalmente se paragonati agli altri pazienti. Una percentuale statistica diede ragione al dottore: durante i cinque anni d’occupazione nazionalsocialista (maggio 1940 – aprile 1945) il tasso di mortalità dei bambini celiaci passò dal 35% a sotto l’1%. Dopo la guerra, quando gli Alleati tornarono a distribuire cibo alla popolazione, chi soffriva di celiachia non poté fare altro che arrendersi ai classici disturbi. Quella fu la prova ufficiosa (ma non ufficiale) per Dicke, che nel 1948 dimostrò l’effettivo nesso tra malattia e glutine, grazie ad un noto esperimento.
A partire dagli anni ’50 la comunità medica mondiale riconobbe la valenza di quegli studi. Addirittura la Società Olandese di Gastroenterologia creò una “medaglia Dicke” con la quale onorare il dottore nel 1962. Fu paventata l’idea di conferirgli il Premio Nobel, ma l’uomo venne a mancare poco prima della cerimonia. Quindi no, nessuno deve ringraziare quell’atto criminoso, semmai si deve rendere omaggio ad un uomo che fece dello studio, l’analisi empirica e della medicina la sua ragion d’essere.