Parlare dei Beati Paoli di Palermo significa camminare su una linea divisoria, un filo che spartisce due mondi completamente diversi eppure perennemente in contatto: quello della realtà storica e quello della ricostruzione leggendaria. Non è un caso che realtà e leggenda finiscano spesso per intrecciarsi, a tal punto da non rendere riconoscibile l’una dall’altra. La storia che vogliamo raccontarvi oggi segue esattamente questo iter. Forse è proprio per questo motivo che la riteniamo così affascinante e misteriosa.
Partiamo dal dato fattuale e comunemente condiviso: Beati Paoli è il nome con il quale si indica una presunta società segreta o setta nata ed operante nella Palermo della prima età moderna. I membri della setta si presentavano come sicari o vendicatori. Quasi come dei fautori di una giustizia suprema laddove vigeva il continuo sopruso dei più facoltosi nei confronti della plebe. Detta così, sembra qualcosa di prossimo o simile ad un romanzo… E in effetti la loro storia (e non leggenda) divenne popolare oltremodo grazie ad un romanzo, pubblicato nel 1909, dal titolo “I Beati Paoli”, ad opera di Luigi Natoli.
Non che prima del successo letterario non esistessero evidenti collegamenti tra la cultura popolare palermitana e la setta segreta, anzi. Tuttavia i suddetti nessi si tramandavano per via orale, mai scritta. Si raccontava – e lo si continua a fare tutt’ora – come i Beati Paoli si chiamassero in tal modo per via dell’interessante identità assunta durante il servizio. Alla luce del sole, essi vestivano con gli abiti monacali di San Francesco di Paola. Una veste che permetteva loro di infiltrarsi in chiese, monasteri e conventi, ascoltando le richieste dei più poveri e agendo per conto di questi. Tutto in nome di una violenta giustizia.
Tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento, questi giustizieri effettuarono un numero incalcolabile di assassini rituali. Il modus operandi era delineato: catturare la vittima, condurla nei sotterranei di Palermo, porla di fronte ad un tribunale giudicante e infine infliggere l’estrema condanna. Magari a suon di coltellate. Sarebbe troppo semplice collegare con un filo diretto l’esperienza dei Beati Paoli con la Mafia odierna, eppure qualcuno, più di qualcuno, l’ha fatto.
Più semplice pensare che questi sicari mascherati avessero a loro volta ripreso usi e costumi di un’altra società segreta palermitana, operante nel XII secolo. Parliamo dei cosiddetti “Vendicosi“. In giro per le strade di Palermo basta chiedere, ma anche osservare; diversi sono i riferimenti alla setta.
I continui progressi archeologici che permettono la scoperta di nuovi cunicoli sotterranei non fanno altro che alimentare questa storia-leggenda. D’altronde, il sentimento comune che conduce ad un’implacabile sete di giustizia, non può fare altro che accrescere la certezza sull’esistenza di una società misteriosa, arcana, ma portatrice di una rettitudine dovuta, quasi divina.