Bambini, ma neppure troppo. Non possiamo immaginarli spensierati, felici, curiosi su ciò che il futuro riserva. Allora il futuro non esisteva per loro, bambini randagi della Russia post rivoluzionaria, sbandati di una società che li evitava e poco, davvero poco, faceva per risolvere un problema grandissimo, endemico. Ecco perché alla fine si preferì un dannoso silenzio.
Solamente nel 1922 se ne contavano dai sei ai sette milioni. I besprizornye (letteralmente “bambini randagi”) vivevano alla giornata, rubando quando possibile, frugando il più delle volte tra la spazzatura e gli avanzi di chi certamente se la passava meglio. Per non morire di freddo si intrufolavano negli scantinati, in luoghi chiusi e parzialmente riparati, che potessero fungere anche da base operativa. Esatto, perché di bande si parla.
Organizzazioni primordiali, composte da ragazzi e ragazze, di svariate età (solitamente dai 5 ai 15 anni) e provenienza: ucraini, tatari, uzbechi e così via. Le loro storie potevano essere diverse, ma il finale era sempre lo stesso, scritto a caratteri cubitali “Abbandono“. Se il problema fu evidente durante le fasi conclusive della NEP, dei veri e propri provvedimenti atti ad arginare il fenomeno furono presi solamente negli anni ’30 (spoiler: non servirono a molto).
Ministero dell’interno e polizia politica – nella sua forma di NKVD – provarono a mettere in piedi dei campi rieducativi, fallendo nella teoria e nella pratica. E dove mancava lo sforzo per riallineare dei veri e propri sbandati, che poco servivano al regime sovietico, si procedeva per esecuzione. Non dimentichiamo che la pena di morte de iure era proibita, anche dalla stessa carta costituzionale del 1936, ma de facto era prevista per tutti coloro che non volevano sottostare al rigido sistema di Mosca (e sopra i 12 anni la fucilazione non era utopia, anzi).
Se dal punto di vista pratico abbiamo dato un’infarinatura sul fenomeno, è interessante comprenderlo per quelle che erano le dinamiche sociali e psicologiche. Questi bambini randagi conoscevano la cruda vita prima degli altri, erano adulti prima ancora che il corpo e la pubertà lo dimostrassero. Come detto rubavano, ma non si facevano problemi ad ammazzare, spacciare, mentire, prostituirsi; tutto per il bene del gruppo, ovvero della famiglia. Svilupparono perfino un loro linguaggio, incomprensibile al mondo degli adulti, che tanto odiavano (non a torto, possiamo dire).
Purtroppo sul fenomeno dei besprizornye si conosce veramente poco. Stalin ordinò il silenzio dal 1935 in poi, ordine categoricamente rispettato fino al calare degli anni ’80. Poche sono le documentazioni che possono gettare luce certa sul trascorso di questi bambini randagi, anche se lo sforzo per abbattere questa scarsità di notizie è notevole. Resta comunque una pagina sbiadita della storia recente che merita conoscenza e, oltre tutto, approfondimento.