Ci sono parole che possono segnare il corso della storia. Esistono termini dal valore specifico abnorme e persone, che con immensa capacità retorica, riescono a tramutarli in fonte di motivazione, ispirazione, stimolo e fervore. Procedendo a ritroso nell’infinita sequela di eventi che noi definiamo “Storia”, citerò alcune orazioni che in un senso l’hanno determinata, mutandola inevitabilmente. Dall’immediato passato alla più remota antichità, ecco a voi 5 discorsi che hanno colpito nel profondo lo spirito dell’umanità.
1) Mahatma Gandhi, 20 marzo 1930 – Sfidando il decreto ministeriale britannico che proibì agli indiani l’estrazione del sale, Gandhi diede inizio alla nota Marcia del Sale. In quel giorno di marzo, uno degli uomini simbolo del XX secolo si pronunciò in merito all’ingiustizia, alla protesta caratterizzata dal tratto non-violento, alla resistenza passiva. Gandhi insegnò al mondo come potersi ribellare senza offendere e senza rivolgere parole d’odio. A seguire un estratto di quel discorso: “È necessario che non si manifesti neppure una parvenza di violenza anche dopo che noi saremo arrestati. Noi abbiamo fermamente deciso di far ricorso a tutte le nostre risorse per portare avanti una lotta esclusivamente non-violenta”.
“Nessuno deve consentire che l’ira lo faccia deviare da questa via. Questa è la mia speranza e la mia preghiera. Vorrei che queste mie parole raggiungessero ogni angolo del paese. Se io e i miei compagni periremo nella lotta, avremo portato a termine il nostro compito. […] Per il resto, ognuno ha piena libertà. Questo tuttavia non deve significare che ognuno è libero di prendere qualsiasi iniziativa sotto la propria responsabilità individuale. Dovunque vi siano dei dirigenti locali, i singoli individui devono attenersi ai loro ordini”.
“Dove non vi sono dirigenti e soltanto poche persone hanno fede nel programma, queste faranno quello che possono, se hanno sufficiente fiducia in se stesse. Esse hanno il diritto, anzi il dovere, di agire in tal modo. La storia del mondo è piena di esempi di uomini che si sono elevati al ruolo di capi grazie unicamente alla loro fiducia in se stessi, al loro coraggio e alla loro tenacia”.
2) Maximilien de Robespierre, 10 dicembre 1792 – I rivoluzionari bloccarono la fuga di re Luigi XVI e lo riportarono al palazzo delle Tuileries. Il sovrano doveva andare incontro al proprio destino, un processo lo attendeva. Cosa farne dell’ultimo monarca francese per diritto divino? Robespierre si pronunciò così di fronte la Convenzione: “Luigi non è un accusato; non siete giudici… Un re detronizzato, nella Repubblica, serve solo a due scopi, o per turbare la tranquillità dello Stato e per scuotere la libertà; o per rafforzare entrambi… Qual è, infatti, il partito che la sana politica prescrive per cementare la nascente Repubblica? È incidere profondamente nei cuori il disprezzo per la regalità e stupire tutti i seguaci del re…”.
“Proporre di processare Luigi XVI, in qualsiasi modo, significa retrocedere verso il dispotismo reale e costituzionale; è un’idea controrivoluzionaria; perché sta mettendo in discussione la Rivoluzione stessa. Infatti, se Luigi può ancora essere oggetto di un processo, Luigi può essere assolto; potrebbe essere innocente… Ma se Luigi venisse assolto, se Luigi può essere presunto innocente, cosa ne sarà della Rivoluzione?… Il processo al tiranno è l’insurrezione; il suo giudizio è la caduta del suo potere; il suo dolore, quello richiesto dal popolo libero. I popoli non giudicano come i tribunali giudiziari; non pronunciano sentenze, scagliano fulmini… Quanto a me, detesto la pena di morte elargita dalle vostre leggi, e non ho né amore né odio per Luigi… Ma Luigi deve morire, perché il Paese deve vivere“.
3) Giovanni Pico della Mirandola, 1487 – Il celebre umanista scrive tra 1486 e 1487 quello che molti storici considerano il “Manifesto” del Rinascimento italiano. Con la sua Oratio de hominis dignitate (Discorso sulla dignità dell’uomo) il filosofo emiliano mette in risalto il ruolo umano in universo che non accetta più il predominio del divino. Pico della Mirandola esordirà con questa oratio nella disputa umanistica del 1487, organizzata a Roma dai principali intellettuali dell’allora panorama peninsulare.
Così si espresse in quell’occasione: “Già il Sommo Padre, Dio Creatore, aveva foggiato, […] questa dimora del mondo quale ci appare, […]. Ma, ultimata l’opera, l’Artefice desiderava che ci fosse qualcuno capace di afferrare la ragione di un’opera così grande, di amarne la bellezza, di ammirarne la vastità. […] Ma degli archetipi non ne restava alcuno su cui foggiare la nuova creatura, né dei tesori […] né dei posti di tutto il mondo […]. Tutti erano ormai pieni, tutti erano stati distribuiti nei sommi, nei medi, negli infimi gradi”.
4) Papa Urbano II, 1095 – Dei 5 discorsi promessi, questo è il meno attendibile, bisogna essere onesti. A riportalo sono esclusivamente fonti successive e non è neanche detto siano affidabili. Eppure Ottone de Lagery, salito al soglio pontificio col nome di Urbano II, incitò in qualche modo quell’esperienza plurima e diversificata che poi noi, anche un po’ troppo semplicisticamente, definiamo “Crociate“.
I cronisti dell’epoca riferiscono le seguenti parole in occasione dell’orazione del papa: “Dai confini di Gerusalemme e della città di Costantinopoli è venuta fuori una storia orribile, che molto spesso è stata portata alle nostre orecchie, e cioè che una razza del regno dei Persiani, una razza maledetta, una razza completamente alienata da Dio. Ha invaso le terre di quei cristiani e le ha spopolate con la spada, il saccheggio e il fuoco; ha portato via una parte dei prigionieri nel proprio paese, e una parte l’ha distrutta con crudeli torture; o ha completamente distrutto le chiese di Dio o se ne è appropriato per i riti della propria religione”.
“A chi dunque spetta, se non a te, il lavoro di vendicare questi torti e di riconquistare questo territorio? Lascia che le gesta dei tuoi antenati ti muovano. Sia dunque questo il tuo grido di guerra nei combattimenti, perché questa parola ti è stata data da Dio. Quando viene sferrato un attacco armato contro il nemico, lascia che questo unico grido sia innalzato da tutti i soldati di Dio: Deus vult! Deus vult!”.
5) Pericle, 431 a.C. – Tucidide tramandò per primo il discorso di Pericle agli ateniesi. Infuriava il primo anno della Guerra del Peloponneso e il “primo cittadino di Atene” con un arringa passata alla storia volle incitare i suoi compatrioti, pronti a morire per un’idea di civiltà. Lo Stratego disse dunque: “Abbiamo un sistema di governo che non emula le leggi dei vicini. Ma siamo noi stessi un modello piuttosto che gli imitatori di altri. E quanto al nome, per il fatto che non si amministra lo stato nell’interesse di pochi, ma di una maggioranza, si chiama democrazia”.
“Per una tale città questi uomini combatterono e morirono nobilmente, non volendo che fosse loro sottratta, ed è giusto che ognuno di quelli che sono rimasti sia pronto a soffrire per lei. Questi uomini voi ora emulateli, e considerando che la felicità consiste nella libertà e la libertà nel coraggio, non guardate con ansia ai pericoli della guerra. fortunati sono coloro cui tocca la fine più nobile. So che è difficile convincervi, giacché di questi figli avrete spesso il ricordo nel vedere le occasioni di felicità altrui. Ma bisogna sopportare, anche nella speranza di altri figli”.