Storia Che Passione
Amanti di Modena la realtà oltre le convenzioni

Gli “Amanti di Modena”, la realtà oltre le convenzioni

A volte la realtà tangibile, concreta, provata, supera di gran lunga le convenzioni che in qualità di animali sociali imponiamo come paradigma interpretativo. Concetto semplificabile in: non tutto è come sembra. È il 2009, a Modena tra viale Ciro Menotti e via Bellini sono in corso degli scavi preventivi per la costruzione di un futuro edificio. In Italia la suddetta situazione si traduce in un potenziale ritrovamento archeologico. Lo scavo condotto in quello che una volta era l’esterno delle mura orientali della città romana di Mutina non tradisce le aspettative. Riaffiora così un cimitero tardoantico del V-VI secolo d.C. 17 sono le tombe, disposte in due file parallele. All’interno di una fossa gli archeologi accorsi sul posto notano due scheletri uniti da un intreccio di mani. La fotografia che segue fa il giro del mondo, il quale si riferisce a loro con l’epiteto “Amanti di Modena“.

Sicuramente sono marito e moglie. Certamente in vita si amarono, così tanto da volersi relegare un viaggio di coppia verso il paradiso celeste. Il biglietto congiunto è certificato da quelle mani unite per l’eternità. Fantasticare sui modenesi Romeo e Giulietta è stato facile da quel 2009 in poi. Sì, perché le controanalisi scientifiche non decretarono chissà cosa, vista il deperimento della superficie ossea che non permise un accurato test del DNA. Per la stessa ragione gli esperti non seppero dire con contezza se si trattasse di una coppia formata da un uomo e una donna, visto il pessimo stato di conservazione che a sua volta impediva qualsiasi riscontro di carattere osteologico.

L’attenzione internazionale volge al cospetto dei novelli “Amanti di Modena” e della loro tomba, la 16. Il resto conta poco, a nessuno importa davvero sapere il come e il perché delle altre sepolture. Veramente in pochi si domandano sul passato romano di Modena, città rigogliosa fino al Tardoantico, quando un mix di contingenze politiche sfavorevoli e cataclismi naturali affossarono l’urbanità, minacciandone addirittura l’esistenza. I corpi di coloro che quel delicato passaggio tra V e VI secolo lo vissero sulla loro pelle ci raccontano una storia che presumiamo di sapere, ma che in fondo conosciamo solo in parte.

Sotto sette metri e mezzo di terra, il sepolcreto bipartito da due file raccoglie testimonianze indelebili del doloroso passato di Mutina. La fila est è caratterizzata da sepolture monumentali di sei uomini, mentre la controparte ovest accoglie altrettanti uomini, ma anche donne e bambini. In quest’ultima solamente due sono le “inumazioni condivise“, quella di una madre e del suo figliolo e poi gli “Amanti di Modena”. Lo studio post 2009 ha condotto a delle evidenze archeologiche rilevanti: chi seppellì i due corpi, unì volontariamente le loro mani, forse in segno di amore perpetuo. Ma se quell’amore fosse fraterno? O addirittura omosessuale, in un’epoca già contrassegnata dalla stigmatizzazione cristiana?

Bisogna fare i conti con queste alternative, poiché nel 2019, un decennio dopo il ritrovamento, un’indagine sullo smalto dentale (che attraverso l’analisi di una particolare proteina, differente tra uomo e donna, definisce il sesso dell’oggetto di studio) ha rilevato inaspettatamente come gli “Amanti di Modena” fossero in realtà due uomini! La notizia smontò la narrazione romantica che nella fantasia di molti si era attestata come ineludibile realtà. E allora quale legame unì i due in vita? Chi finì per intrecciare le loro mani, a cosa volle alludere?

Le ipotesi proposte nell’arco degli ultimi 5 anni sono molteplici: c’è chi parla di compagni d’armi; chi di fratelli; chi insiste sul sentimento amoroso (Giustiniano a metà del VI secolo li condannava in qualità di criminali e dalle parti di Costantinopoli, erede del diritto romano, continueranno a delegittimare pesantemente le relazioni tra persone dello stesso sesso, come ci insegna Leone III Isaurico). Quale che sia la verità, i due scheletri modenesi sembrano essere tornati volontariamente alla luce per ricordarci come la realtà può essere illusoria se interpretata con categorie di pensiero rigide, figlie del proprio tempo, in definitiva anacronistiche. Se volete trovarci una morale, siete liberi di farlo.