Gerard van Swieten: il nome forse non vi dirà poi molto. Tuttavia il medico olandese natio di Leida, oltre che essere uno dei protagonisti indiscussi della stagione riformatrice avviata da Maria Teresa d’Austria nel suo vasto impero, fu altresì il primo (o comunque uno dei primi) a confutare l’esistenza dei vampiri avvalendosi dell’uso della ragione. Siamo nel pieno del Settecento, cosa altro aspettarci d’altronde…
Come anticipato, van Swieten nacque a Leida il 7 maggio 1700. Di famiglia alto-borghese e cattolica, in un posto in cui i cattolici non erano ben visti, Gerard dimostrò fin da subito una spiccata capacità d’apprendimento. A soli 12 anni terminò gli studi nella Scuola Latina di Leida, avviandosi poco più che sedicenne alla carriera medica. Negli anni maturò una conoscenza clinico-farmaceutica di tutto rispetto. Influivano enormemente le brillanti lezioni di Herman Boerhaave (fondatore dell’insegnamento clinico) e Bernhard Siegfried Albinus (tra gli anatomisti più estrosi d’epoca moderna). Nel 1727 il giovane aprì uno studio medico nella sontuosa cittadina bagnata dalle placide acque del Vecchio Reno. Per via della sua confessione religiosa non ottenne mai la cattedra universitaria nel prestigioso ateneo cittadino. Eppure i suoi colleghi vedevano in lui il degno erede di Boerhaave.
L’eco della fama viaggiò veloce in ogni angolo d’Europa, giungendo alle orecchie di una donna che quel continente lo stava cambiando a suo modo. L’imperatrice Maria Teresa d’Austria sentì parlare un gran bene di Gerard van Swieten. Si diceva possedesse un “vivacissimo ed illustrissimo intelletto”, oltre a manifestare “una competenza professionale e medica altresì incantevole”. Piacque e non poco all’imperatrice il fatto che chiunque interpellasse a riguardo del medico olandese, si soffermasse su una dote in particolare: l’indipendenza di pensiero. Andava assunto e così fu. Alla morte dell’archiatra Joannes Baptista Bassand seguì la chiamata a Vienna di Gerard van Swieten.
L’uomo non si fece sfuggire l’occasione ed accettò volentieri l’invito nel 1743. Ebbe così inizio una stagione dinamica nonché prolifica per il medico di corte che solo medico non era. Van Swieten si destreggiò come bibliotecario mastro ed influente botanico. Si distinse prima come fondatore della Scuola medica viennese e poi come promotore della Scuola anatomica, sempre nella capitale dell’Impero asburgico. Atteggiandosi esattamente come un “ministro dell’istruzione”, esautorò i gesuiti dalle alte cariche inerenti il sapere e l’insegnamento (cosa che accadde contemporaneamente nel Portogallo di Pombal, ve ne ho parlato in passato). Accanto a suddetti ruoli, l’energico van Swieten si adoperò per l’istituzione di una Cassa di malattia per i lavoratori sudditi dell’imperatrice, fece costruire nuovi orfanotrofi e strutture residenziali per gli anziani indigenti, così come nuovi ospedali e cliniche specializzate.
Forse lo si può comprendere già dando un’occhiata a questa superficiale lista di mansioni ed incarichi ministeriali: Gerard van Swieten fu un uomo di cultura a tutto tondo, un illuminista come tanti altri coetanei. Tra i vasti territori sotto l’autorità imperiale, soprattutto tra quelli di frontiera o di recente acquisizione (guerra austro-turca del 1716-18, vinta dagli austriaci che poterono espandersi nel Banato, nella Valacchia occidentale, nella Serbia settentrionale fino al Belgrado, oltre che su una porzione di Bosnia), ve ne erano alcuni in cui un accentuato folklore e una non troppo velata superstizione mietevano vittime apparentemente speciali, dove per “speciali” si intende “figli del demonio“.
Nel 1755 la notizia di un processo post mortem avvenuto in Moravia attirò l’attenzione dell’imperatrice regina. Secondo il racconto, dei giudici popolari avevano riconosciuto in alcuni defunti le stigmate dei vampiri. La giuria condannò i suddetti al postumo vilipendio: i cadaveri furono dissotterrati, trapassati da un lato all’altro del petto con un apposito palo aguzzato, decapitati ed infine inceneriti. Da Vienna si pensò bene di spedire in loco van Swieten, il quale si occupava di vampirismo dal 1718. In merito scriverà anche un saggio pseudo-scientifico nel 1768: Abhandlung des Daseyns der Gespenster, la quale traduzione italiana troverà pubblicazione a Napoli nel 1787 col titolo Considerazione intorno alla pretesa Magia Postuma.
Nelle parole di Gerard van Swieten: “chiamavansi i morti, che erano stati tanto empj, i Vampiri, e si credeva che succhiassero il sangue delle persone, e delle bestie ancora, e quando un s’avea mangiato della carne di simili animali, era giunta la sua di diventar Vampiro”. Per il medico in servizio presso la corte viennese, l’incorruttibilità della carne non era dovuta chissà a quale prodigio luciferino. Il processo putrefattivo poteva rallentare a seconda di fattori scientificamente comprovabili, quali il clima, la natura del decesso, la composizione del terreno o le più intuibili “casse di piombo bene stagnate che non ammettono per nessun modo l’aria”.
Il favorito di Maria Teresa la convinse – tra l’altro con una retorica niente male – ad emanare un decreto ad hoc. Per volontà dell’Augustissima Imperatrice Regina, erano da considerarsi false tutte le credenze barbariche inneggianti al vampirismo e punibili per legge le pratiche ad esse collegate.
Impossibile immaginare che un decreto simile, seppur ideologicamente e culturalmente inquadrato, potesse avere effetto concreto. La superstizione e la tradizione vampiresca continuerà ad esistere nei Balcani, come aveva sempre fatto traendo origine e linfa vitale dallo spiritualismo slavo. Gerard van Swieten si spense nel 1772. Portò con sé nella tomba la consapevolezza di aver fatto il massimo per combattere l’ignoranza di un mondo in costante progresso. Ignoranza che spesso e volentieri si tramutava in insensata brutalità e spietata repressione.