Nel momento in cui l’anarchico Gaetano Bresci, intorno alla dieci di sera del 29 luglio 1900, impugna la pistola contro Umberto I, non sta minacciando solamente l’integrità del re, ma il principio che quella stessa persona rappresenta. Almeno questa è l’idea, poi resa pubblica, del 30enne originario di Prato.
Gaetano Bresci fin da giovane conosce la durezza del lavoro in uno stabilimento tessile toscano. Le sue fatiche non vengono giustamente ricompensate, come quelle di milioni di operai e contadini in tutto lo stivale. Una situazione che lo avvicina sempre più agli ideali anarchici, per i quali simpatizza e attraverso i quali giunge a delle svolte radicali che plasmeranno sensibilmente la sua esistenza. Vedasi l’emigrazione verso gli States.
Nel 1897 parte da Genova, direzione New York. Dalla Grande Mela Bresci raggiunge il New Jersey, dove trova lavoro per 14 dollari settimanali. Abbastanza per mantenere una moglie e una piccola figlia. L’uomo trascorre parte del suo tempo libero nell’hotel Bertoldi’s, luogo di ritrovo per il circolo anarchico. Ed è proprio qui, nel ’98, a seguito della rivolta del pane a Milano repressa nel sangue, che nasce e si sviluppa l’idea di attentare alla vita dell’allora sovrano sabaudo.
Così, mentre Umberto I elogia il generale Beccaris per l’ottima condotta mantenuta durante le proteste (ottima condotta = 180 tra morti e feriti), Bresci acquista una rivoltella e si allena per affinare la mira. Dopo un soggiorno a Parigi, l’anarchico toscano fa rientro in Italia. Trascorre i mesi di giugno e luglio tra Prato, Bologna, Piacenza, Milano e infine Monza. Nella città brianzola giunge il 27 luglio, attendendo il momento giusto per indossare maschera e mantello.
Momento che si palesa in tutta la sua tragica e violenta essenza il 29 dello stesso mese. Re Umberto si trova a Monza per assistere ad un concorso ginnico. Alle dieci inoltrate di sera, uno spossato 56enne re d’Italia decide di avviarsi in direzione della sua carrozza per rincasare, ovviamente scortato. Bresci quindi spunta fuori dalla folla urlante e tuona tre colpi, incassati dal sovrano… Ehm, dal principio, pardon. Il monarca di Casa Savoia non sopravviverà alla notte mentre il regicida scampa per poco al linciaggio pubblico.
Dopo un mese si andò a processo ma la sentenza fu chiara fin dal primo momento: ergastolo con 7 anni di isolamento. Bresci iniziò a scontare la pena a San Vittore, Milano; da qui lo spostarono sull’isola d’Elba e finalmente nel penitenziario di Ventotene. Il “soggiorno forzato” qui durò poco perché nel maggio del 1901, le guardie carcerarie trovarono senza vita l’ultimo regicida d’Italia.