Fotografia di Bert Brandt, Galleria degli Specchi, Versailles, 25 agosto 1944. Uno yankee ammira lo splendore e lo sfarzo di Versailles, strappata ai tedeschi durante la liberazione della Francia da parte dell’esercito Alleato. Lo scatto di Bert Brandt racchiude in sé un numero spropositato di storie, ma in questa sede è corretto, oltre che doveroso, intrecciare “solamente” le vicende della maestosa reggia con quelle del fotoreporter durante la movimentatissima estate del ’44.
Partiamo da lei, la protagonista dello scatto – non ce ne voglia il soldato semplice Gordon Conrey, altro elemento d’interesse nell’immagine. Già molto tempo prima del D-Day (6 giugno 1944) le truppe della Wehrmacht avevano preso il controllo di Versailles, sfruttandola in un primo momento come centro operativo di comando, salvo poi spostare il quartier generale altrove e iniziare la spoliazione della reggia. Non fu semplice la coabitazione tra i soldati tedeschi e le guardie francesi, ma per cause di forza maggiore l’adattamento e la sopportazione divennero termini chiave per i secondi. Con lo sbarco in Normandia gli animi si fecero irrequieti nella reggia, tanto da parte francese quanto tedesca.
Mentre gli uomini in uniforme color grigio cenere proseguivano la loro intrusione nelle sale dei vari palazzi, il responsabile del complesso, Charles Mauricheau-Beaupré, si attivò per rendere accessibili tutte le misure anti-incendio (approvvigionamento idrico e riempimento delle principali fontane). Gli allarmi antiaerei suonarono incessantemente dal 7 giugno. I bombardamenti Alleati colpirono duramente la vicina città di Saint-Cyr, per poi rivolgersi alla città di Versailles. Impresse nella memoria collettiva locale sono le bombe della RAF che caddero tra il 24 e il 29 giugno sulle infrastrutture strategiche del paese.
Tra luglio ed agosto la situazione si fece tragica. Il comando provvisorio della Wehrmacht ordinò il disboscamento dell’area circostante ignorando le suppliche di Mauricheau-Beaupré, ansioso di salvaguardare il patrimonio boschivo di Versailles. Sempre l’alto comando tedesco decise di parcheggiare tutti i mezzi a sua disposizione nei giardini di Versailles, distruggendo le raffinate composizioni della reggia. Seguirono esecuzioni sommarie sino al 17 agosto, quando un appello congiunto del sindaco e del vescovo della città chiese agli attori belligeranti di risparmiare Versailles da un eventuale scontro armato. Di seguito l’appello ai belligeranti:
“Mentre la linea del fronte si avvicina a Versailles, i leader civili e religiosi di questa città storica che ha assistito all’apogeo della monarchia (…) rivolgono un solenne appello alle parti belligeranti. Ingiungono loro di considerare Versailles come una città aperta, di rispettare gli impareggiabili tesori artistici che si trovano nei suoi palazzi e nei suoi giardini. Nella sua storia, nella sua anima, Versailles incarna il nostro passato. Un’intera civiltà è rappresentata qui. Le storie dei nostri popoli sono intrecciate qui. La distruzione di tali tesori, di tale eleganza, sarebbe una perdita irreparabile per l’umanità. Di sicuro né l’esercito tedesco, che ricorda bene che l’unità dell’Impero tedesco è stata proclamata a Versailles, né l’esercito americano, che non ha dimenticato che l’indipendenza degli USA è stata consacrata a Versailles, vorrebbero comparire di fronte al giudizio della Storia e assumersi la schiacciante responsabilità di un simile crimine”.
Tra il 22 e il 23 agosto i convogli tedeschi lasciarono definitivamente Versailles. Gli ultimi autoblindo abbandonarono la reggia la mattina del 25 agosto, scaricando una raffica di colpi sul lato sud-est del Palazzo Grand Trianon. La strada per gli anglo-americani era libera. Il 25 agosto gli Alleati guidati dal generale Leclerc entrarono in città. Al loro seguito vi era il fotografo di guerra Bert Brandt. Classe 1915, il canadese lavorò durante la Seconda Guerra Mondiale per il World Telegram & Sun. Scattò foto mozzafiato in Italia (speciali sono quelle di Anzio) ma è noto per essere stato il primo a far pubblicare le immagini del D-Day (scavalcando un certo Capa, sul quale però esiste una storia che merita di essere raccontata in un’altra occasione). Nello specifico Brandt seguì le operazioni americane da Omaha Beach, passando per Cherbourg, fino a Versailles.
Ed è in questo contesto che nasce la fotografia dello yankee nella Galleria degli Specchi (nome originale della foto è “A yank in Versailles”). I proiettili tedeschi infransero qualche specchio, ma non danneggiarono gravemente la struttura. Versailles poteva dirsi libera dopo 1.500 giorni d’occupazione nazionalsocialista. La bandiera francese sostituì la croce uncinata sul tetto della reggia.