Fotografia di Toshio Sakai, Vietnam del sud, 1967. Lo scatto, vincitore del Premio Pulitzer l’anno seguente, immortala due soldati americani che riposano. Uno dei due dorme, su un letto di sabbia, l’altro fa la guardia. La pioggia cade copiosa, con un rumore decisamente migliore di quello degli spari e delle bombe, che ancora risuonerà nella zona per diverso tempo.
Come al solito, parliamo brevemente del contesto storico della vicenda, tornando indietro di qualche anno. L’acuirsi degli scontri risale alla metà degli anni ’50, quando i movimenti di guerriglia attaccarono il territorio del governo sudvietnamita. Gli americani erano già presenti nell’area, in aiuto delle truppe francesi, agli inizi del decennio. Progressivamente il loro coinvolgimento sarà sempre maggiore.
Riassumendo in maniera molto breve, il conflitto durò fino al 1975, quando, il 30 aprile, cadde la capitale del sud Saigon. Il paese si riunificò sotto la guida comunista della parte nord, con capitale Hanoi e gli scontri si placarono. Non fu però una piccola scaramuccia, né a livello pratico, né a livello di percezione esogena. Soprattutto negli USA. Per questo lo scatto ha una valenza molto alta, affiancandosi a quello celeberrimo del soldato con in caschetto adornato dalla scritta “War is hell“.
Torniamo dunque allo scatto odierno e vediamo come si inserisce in un contesto sociale difficilissimo. L’opinione pubblica americana non era infatti d’accordo, in larga parte, con la partecipazione al conflitto. Questo scatto di Toshio Sakai mostra due giovani americani che trovano un attimo di ristoro in un conflitto che non sentivano e non era loro. Uno dei due trova riparo precario dalle piogge monsoniche ininterrotte sdraiato sotto una giacca e sopra dei sacchi di sabbia. L’altro fa da guardia.
C’è molto fango intorno e diverse postazioni di riparo che, nel contesto di guerriglia favente ai Vietcong, a poco servivano. Per questo c’è il secondo soldato, quello di guardia, perché non si poteva mai dormire sonni tranquilli, il nemico era sempre dietro l’angolo. Su quei campi di battaglia si moriva in tanti, tantissimi. I morti fra gli americani saranno circa 58.000, con 1.800 dispersi circa. Il numero dei feriti poi supera i 300.000.
Le proteste si susseguivano nella madrepatria mentre in Vietnam si continuava a morire, per una causa lontana, per una causa esterna. Questo scatto contiene tutto questo e al momento dell’attribuzione del Premio Pulitzer lo sapevano tutti. Non c’è riposo tranquillo e non c’è sonno ristoratore in guerra, solo morte e distruzione. La vera gioia sta solo nella fine del conflitto.