Fotografia di anonimo, comizio del PCI di Padova, 7 giugno 1984. Il tragico scatto ritrae il leader del Partito Comunista Enrico Berlinguer accasciatosi tra le braccia dei suoi collaboratori dopo l’ictus che lo porterà alla morte. C’è il terrore e la preoccupazione nei volti di tutti, mentre i suoi di occhi sono aperti, ma quasi spenti. La forza e la vigoria con cui dibatteva alle Camere e nella vita sembra abbandonarlo. Terrà duro ancora 4 giorni, fino all’11 giugno, giorno della sua definitiva dipartita. Moriva un leader, moriva un pezzo di partito e un pezzo di storia politica italiana.
Enrico Berlinguer nacque nella placida Sardegna, precisamente a Sassari, il 25 maggio del 1922. Suo padre Mario era un avvocato e discendeva da una lontana famiglia della nobiltà catalana. Anche Enrico studiò giurisprudenza, ma abbandonò gli studi per dedicarsi totalmente alla sua grande vocazione: la vita politica, era quello il suo pane quotidiano. Ma la storia stava per stravolgere la sua vita e quella di milioni di altre persone in tutto il mondo: erano gli anni della guerra, distruttivi e mortiferi.
Il giovane Enrico prese parte anche ai drammatici anni della Resistenza facendosi notare per le prime volte. Dopo il primo governo transitorio, seguito alla svolta di Salerno, ebbe il suo primo ruolo nel partito: funzionario dirigente del lavoro giovanile a Roma. Cominciava ad imporsi sempre di più nella vita politica del paese. Salendo di gradino in gradino nella lunga scalata verso i vertici arrivò, nel 1972, al ruolo di Segretario del partito. Era il 17 marzo e, al XIII Congresso del Partito spodestò Luigi Longo. Sicuramente uno dei giorni più felici per lui.
Dopo il colpo di stato in Cile e la morte di Salvador Allende scrisse tre articoli sulla rivista Rinascita coniando un termine che entrerà a buon merito nella storia italiana: il Compromesso storico. Era quella l’unica via per evitare di fare la fine del Sudamerica per Berlinguer. Solo un accordo, un compromesso con la Democrazia Cristiana avrebbe preservato l’integrità fisica dei comunisti e li avrebbe portati al governo. Altrimenti questi due termini rimanevano lati distanti e inconciliabili di un Aut-Aut.
Celeberrimo sarà anche un altro concetto tanto caro al politico sardo: l’Eurocomunismo. Si trattava, per Berlinguer, di una comunione di intenti fra i tre maggiori partiti comunisti d’Europa: quello italiano, il francese e lo spagnolo. Il tutto chiaramente in un’ottica di progressiva emancipazione dall’Unione Sovietica, che si allontanava sempre di più dagli interessi italiani. Siamo ormai quasi al 1978 e alla tragica morte di Moro. Si avvicinava la notte della Repubblica, e si avvicinava, inesorabile, anche la morte di Berlinguer.
Arriviamo al tragico 7 giugno del 1984, quando Enrico si trovava a Padova in occasione di un comizio a Piazza della Frutta. A breve si sarebbero tenute le elezioni europee e il leader comunista stava pronunciando la frase “Compagni, lavorate tutti, casa per casa, strada per strada, azienda per azienda!“, quando fu colpito da un ictus. Continuò eroicamente il suo discorso, nonostante la folla gli urlasse di smettere. Tornato in albergo entrò in un sonno profondo, che si trasformò in coma. Dopo 4 giorni il coma divenne morte e Berlinguer divenne storia: passata, presente o futura sta a voi deciderlo.