Fotografia di anonimo, Fossa delle Marianne, 23 gennaio 1960. La fotografia raffigura il batiscafo Trieste della Marina degli Stati Uniti subito prima della sua immersione da record sul fondo della Fossa delle Marianne. Dietro potete vedere, invece, l’USS Lewis, il cacciatorpediniere di scorta del batiscafo.
Il batiscafo Trieste si immerge nella Fossa delle Marianne
Prima di tutto: cos’è la Fossa delle Marianne? Si tratta di una profondissima depressione dell’oceano, anzi, la più profonda della Terra. La troviamo a est delle isole Marianne, fra il Giappone a nord, la Nuova Guinea a sud e le Filippine a ovest.
Pensate che la sua parte più profonda, l’Abisso Challenger, si trova a 10.994 metri sotto il livello del mare. La Fossa si è formata a causa dello scontro fra due placche tettoniche presenti in una zona di subduzione. Più nel dettaglio, si è formata là dove la placca del Pacifico si infila, perdonatemi il termine poco scientifico, sotto la placca delle Filippine.
A corollario del tutto, così come succede anche con altre fosse sottomarine analoghe, tutto intorno ci sono diversi vulcani sottomarini.
I primi a studiare questa depressione furono i ricercatori della spedizione Challenger, fra il 1872 e il 1876. Anzi: loro fecero quella che divenne nota come la prima spedizione oceanografica. In realtà la spedizione stava circumnavigando la Terra, quando si imbatté in questa depressione. Ma le strumentazione dell’epoca permise di rilevare una profondità massima di 8.184 metri.
Nel 1899 la carboniera americana Nera stabilì una profondità di 9.635 metri, mentre nel 1951, la nave Challenger II della Royal Navy usò per la prima volta un sonar sulla zona, scoprendo una profondità di 10.900 metri. Ribattezzarono, poi, tale profondità come Abisso Challenger.
Nel 1957 la nave sovietica Vitjaz misurò una profondità di 11.034 metri, nel 1962 la M.V. Spencer F. Baird segnalò una profondità di 10.915 metri, nel 1984 toccò alla nave giapponese Takuyo misurare col sonar una profondità di 10.924 metri, ma non è finita qui.
Nel 1995, la nave giapponese Kaiko misurò una profondità di 10.916 metri, mentre nel 2009 toccò al robot Nereus rilevare una profondità di 10.902 metri. L’ultima misurazione è quella del 2011: un sonar scientifico posizionato su una nave idrografica ha misurato una profondità di 10.994 metri.
Ma noi vogliamo occuparci di ciò che accadde nel 1960. All’epoca, infatti, il batiscafo Trieste della U.S. Navy, progettato in Svizzera, ma realizzato in Italia, riuscì a immergersi raggiungendo le profondità della Fossa delle Marianne il 23 gennaio 1960.
Sul batiscafo si trovavano il tenente di vascello Don Walsh e Jacques Piccard. Ovviamente il batiscafo, per scendere nella fossa, aveva bisogno di una buona zavorra. In questo caso di usò del pellet di ferro. Per il galleggiamento, si usò della benzina, sostanza più leggera dell’acqua. Ma non solo: la benzina permetteva di rendere lo scafo incomprimibile dalle pressioni a cui il batiscafo sarebbe stato sottoposto a quelle profondità.
Così gli strumenti riuscirono a registrare una profondità di 11.521 metri, successivamente corretti a 10.916 metri. Curiosamente Walsh e Piccard sul fondo trovarono degli strani animali, come delle sogliole lunghe 30 centimetri e anche dei gamberetti.
Piccard descrisse il fondo come luminoso e chiaro, una sorta di deserto punteggiato di diatomee. Ma questa non fu l’unica immersione. Quella della Trieste fu seguita da:
- 2012: immersione del sommergibile Deepsea Challenger con a bordo il regista James Cameron (sì, lui, quello di Titanic), il terzo uomo della storia a raggiungere il fondo della fossa
- 2019: immersione di un batiscafo con a bordo il miliardario ed esploratore Victor Vescovo