Fotografia di anonimo, villaggio di Degh, Armenia meridionale, 1990. La foto ritrae una simpatica (si fa per dire) vecchietta di 106 anni con un fucile d’assalto in mano. La signora di veneranda età ha in mano un AK-47 e difende la sua abitazione. Ma da chi? Da cosa? Per capire al meglio ciò dobbiamo fare un salto indietro di 70 anni rispetto all’anno della fotografia.
Ci troviamo, come facilmente deducibile, in un contesto di guerra. Della guerra del Nagorno-Karabakh, che insanguinò il confine tra Armenia e Azerbaijan per diversi anni nel corso dei ’90. Ma per capire bene dobbiamo partire dagli anni ’20, quando il governo sovietico istituì una regione autonoma abitata al 95% da armeni: la regione appunto del Nagorno-Karabakh.
La situazione da allora rimase molto tesa, fino ad arrivare agli anni del conflitto in questione (gennaio 1992 – maggio 1994). A questa data infatti l’Armenia controllava l’intera regione e in più un buon 20% di territorio azero delle vicinanze. Tutti ingredienti fibrillanti per una ricetta esplosiva. A questo scontro ne seguirono altri, l’ultimo dei quali è “terminato” da poco.
Da quando Stalin aveva assegnato la regione al controllo dell’Azerbaijan, nel 1921, le rivendicazioni armene non cessarono mai. La situazione si infuocò però soprattutto dopo il crollo dell’URSS negli anni ’90, quando, come detto in precedenza, divenne un vero e proprio conflitto armato. Dopo questo punto di non ritorno iniziarono chiaramente gli sfollamenti. Nessuno voleva i nemici in casa propria.
Oltre 230.000 armeni andarono via dall’Azerbaijan e oltre 800.000 azeri fuggirono dal Nagorno-Karabakh e dall’Armenia. La signora protagonista dello scatto odierno fa sicuramente parte del primo gruppo. Di quegli armeni che videro minacciate le proprie case. Ma, arrivata a quell’età, poco aveva più da perdere e decise di difendere con ogni mezzo la sua abitazione. Tutto ciò che aveva al mondo.
Lo scatto diventa un simbolo di un conflitto che va avanti da oltre 100 anni e che recentemente sembrava riaprirsi e anche aspramente. Come spesso accade è una figura sopra le righe e fuori dagli schemi a rappresentare queste situazioni. In questo caso si tratta di un’anziana signora e non di un giovane soldato. L’impatto emotivo è sicuramente molto forte.