Fotografia del giorno di Ron Magill, Metrozoo di Miami, 1992. ‘I fenicotteri del Metrozoo di Miami trovano rifugio nei bagni del complesso durante il passaggio dell’uragano Andrew’. Prepararsi agli uragani non è certo la cosa più semplice che ci sia. L’ansia nel non riuscire a fare il necessario secondo tempistiche strette per contingenze naturali e la preoccupazione che molto di quanto realizzato possa volatilizzarsi al cospetto di un cataclisma dalla portata eccezionale può bloccare le gambe. Ron Magill, nel 1992 assistente coordinatore dello zoo cittadino di Miami, Florida, dimostrò al contrario sangue freddo e spirito d’adattamento, nonostante la minaccia incombente e la consapevolezza di dover fronteggiare uno dei più rovinosi eventi climatici che gli USA avessero mai visto.
Fin dal 22 agosto (giorno in cui furono diramati i primi appelli d’allerta nelle Bahamas: l’attività temporalesca, in essere dal 16 agosto, si convertì prima in tempesta tropicale e successivamente in uragano il 22 dello stesso mese), Magill si rimboccò le maniche, dovendo pensare prima di tutto alla sua famiglia, con la moglie incinta di otto mesi, e poi allo zoo. Di uragani ne aveva visti passare – Alberto 1982, Bob 1991 – e sempre aveva trovato un modo per schivare la loro furia distruttrice. Ma questa volta era diverso, perché mai prima di quel 1992 Magill aveva visto presentarsi un uragano forza 5 sulla scala Saffir-Simpson (che comprende un massimo di cinque livelli…).
La squadra allestita in fretta e furia nello zoo si preoccupò di trovare un alloggio sicuro per ogni animale, peloso, piumato o squamoso che fosse. Eppure, proprio in quel momento di massima impellenza, sorsero dei problemi non secondari. Alcuni uccelli, come i succittati fenicotteri, non avrebbero sopportato lo stress del momento. Si richiedeva loro un sacrificio troppo grande, quello di trascorrere due o tre giorni in uno spazio minuscolo e chiuso. Loro, delicatissimi uccelli amanti dell’aria aperta e degli ampi spazi a perdita d’occhio, molto probabilmente quello sforzo l’avrebbero pagato con la pelle… Con le penne, pardon.
Si optò per i bagni del complesso, come si era fatto per molti altri animali d’altronde. Posto migliore per i fenicotteri non poteva esserci sulla carta. Nessuna finestra potenzialmente infrangibile, pavimento piastrellato facile da pulire, lavandini che all’evenienza divennero abbeveratoi. Dopo aver condotto i pennuti all’interno della toilette, non senza qualche criticità, i lavoratori si voltarono per pensare agli altri animali. Non tutti in realtà, perché Ron Magill, da sempre fotografo provetto, si voltò e scattò una dozzina di fotografie. Il momento gli sembrava quantomeno particolare, curioso, degno di essere immortalato. Di certo non credeva che quelle sue istantanee avrebbero fatto il giro del mondo, divenendo emblema della resilienza contro l’irrefrenabile impeto di Madre Natura.
L’occhio del ciclone impattò sulla penisola della Florida il 24 agosto 1992, dissipandosi verso nord solamente quattro giorni dopo. 65 le vittime. 26,5 i miliardi di dollari calcolati in danni. L’uragano Andrew, il secondo atlantico più potente ad essersi manifestato sulla East Coast (battuto in questo solo da Katrina nel 2005), spazzò via intere cittadine di medie-piccole dimensioni. Risucchiò nel suo vortice una quantità di materiali spaventosa, sradicando le fondamenta di circa 700.000 case. Una cosa senza precedenti nella storia americana. Il Metrozoo di Miami non se la cavò benissimo, con marcati danni tecnici e strutturali.
Qualche animale purtroppo non sopravvisse (un impala, uno struzzo e un dik-dik stando al resoconto fornito dagli operatori). I fenicotteri invece la spuntarono, tutti quanti, malgrado le condizioni critiche e l’urgenza di una sistemazione non esattamente consona. Divennero ben presto il simbolo dell’adattamento di fronte alla necessità, della resistenza dinnanzi alla catastrofe, della ricostruzione in vista di un futuro migliore a cui poter, anzi, dover credere. Un messaggio di vita per i tanti che in quell’agosto nero del 1992 videro svanire progetti e speranze, rischiando di cadere in un altro vortice, quello della disperazione.