Fotografia dell’Associated Press, luogo sconosciuto, 7 aprile 1966. L’artista Toshiko Fukayam tinge i suoi denti con l’inchiostro nero, secondo la tradizionale moda denominata ohaguro (お歯黒, 鉄漿, lett. “denti neri”). Gran parte di noi al giorno d’oggi ricorre all’ultimo tipo di dentifricio sbiancante per sfoggiare un sorriso quanto più brillante e bianco possibile (salvo poi scoprire che l’azione sbiancante è fine a se stessa, apparendo più come una geniale trovata del marketing che altro…). Spostandoci nell’estremo Oriente, nella meravigliosa terra del Sol Levante, a lungo si è pensato esattamente il contrario; ovvero che bisognasse avere i denti anneriti per essere esteticamente appetibili.

La fotografia di cui sopra immortala una donna che, munita di pennello, colorante (dorato in questo caso) e specchietto, si cimenta nell’ohaguro. Chiediamoci dunque: da dove proviene questa particolare tradizione nipponica e come si è affermata nel tempo?
Il primo documento che attesta l’esistenza dell’ohaguro è un’opera letteraria giapponese dell’XI secolo, perciò in piena epoca Heian. La fonte suggerisce come la pratica tradizionale fosse affermata già all’epoca. Da quel che sappiamo, la moda di tingersi i denti con l’inchiostro nero è sopravvissuta al periodo Edo, Meiji, arrivando fino ai giorni nostri. Originariamente l’ohaguro era in voga solamente presso le famiglie dell’alta società. Fino all’ascesa dei Tokugawa (XVII secolo), la moda venne seguita anche dagli uomini, per poi radicarsi nell’esclusiva sfera femminile. La differenza con i secoli precedenti stava semmai nel fatto che anche le donne appartenenti alle classi meno abbienti potessero dipingersi i denti di nero, così da indicare il loro status matrimoniale.

Oltre ad una questione prettamente sociale, le donne giapponesi ricorrevano all’ohaguro per motivi estetici. Stando ai canoni di bellezza del tempo, il contrasto tra l’opacità dei denti e il pallore del volto, reso tale dalla cipria bianca chiamata oshiroi, rendeva il viso femminile particolarmente attraente.
Di che cosa era composta la tintura? Si ricorreva spesso ad una pastella semiliquida preparata con limatura di ferro e aceto, da applicare sopra lo smalto dentale. L’effetto durava meno di 24 ore, perciò le donne erano solite dipingersi più volte i denti nell’arco di una settimana. Pare che l’ohaguro presentasse anche dei benefici igienici oltre che estetici: il composto ferroso era ottimo contro le carie e le infezioni orali.

L’avvento della modernità ha “sbiadito” il ricordo della tradizionale moda giapponese, ma non l’ha cancellato del tutto. Nel secondo dopoguerra donne come la sopracitata Toshiko Fukayam hanno continuato a colorarsi i denti, usando tuttavia tonalità dorate, l’ultimo grido della moda nipponica anni ’60.