Fotografia di Maxperot, Superga, 1949. Nella fotografia potete vedere i resti dell’aereo precipitato che causò la morte dell’intera squadra del Grande Torino (e non solo). Il drammatico fatto di cronaca divenne noto come la tragedia di Superga.
La tragedia di Superga
La tragedia di Superga è il nome dato a un incidente aereo avvenuto nei cieli di Torino il 4 maggio 1949. Erano ele ore 17.03 e l’aereo Fiat G.212 della compagnia aerea ALI (registrato con la sigla I-ELCE), mentre trasportava a bordo tutta la squadra del Torino, si schiantò contro un muraglione del terrapieno che si trova dietro la basilica di Superga.
Tutta la squadra del Grande Torino, così ribattezzata perché aveva vinto cinque scudetti di fila dal 1942-1943 al 1948-1949 (e che per questo motivo formava praticamente la quasi totalità della Nazionale italiana di calcio dell’epoca), morì nell’incidente. E insieme ai giocatori perirono anche i dirigenti della squadra, gli accompagnatori, l’equipaggio e tre giornalisti sportivi.
Le salme furono successivamente identificate dall’ex commissario tecnico della Nazionale, Vittorio Pozzo. Era stato lui a volere che quasi tutti i giocatori del Torino facessero parte della Nazionale.
La trasferta in Portogallo
Come dicevamo, la squadra aveva vinto cinque scudetti di fila. Anzi: aveva vinto i quattro precedenti e si apprestava a conquistare il quinto. L’ultima partita della stagione 1948-1949 fu quella contro l’Inter a San Siro, conclusasi con un pareggio. L’ultimo incontro in casa, invece, fu la partita contro il Modena, giocata il 17 aprile presso lo stadio Filadelfia e vinta dai granata.
Subito dopo la partita contro l’Inter, il Torino partì per il Portogallo. Qui il 3 maggio giocarono un’amichevole con il Benfica nello Stadio nazionale di Jamor di Lisbona. La partita, vinta dai lusitani, fu effettivamente l’ultima giocata dal Torino.
Tutta la squadra salì poi a bordo dell’aereo. Anzi, quasi tutta. Due giocatori, infatti, non avevano partecipato alla trasferta. Sauro Tomà, difensore, si era infortunato al menisco, mentre Renato Gandolfi, il portiere di riserva, fu lasciato a casa perché al suo posto andò il terzo portiere, Dino Ballarin: il fratello Aldo, terzino, aveva chiesto che fosse il fratello ad andare in Portogallo.
Ma non solo. Sul volo non c’era neanche Luigi Giuliano, capitano della Primavera granata e da pochissimo presenza nella prima squadra: aveva l’influenza.
Oltre ai giocatori, in trasferta andò anche l’entourage e diversi invitati. Mancava però Vittorio Pozzo: l’ex C.T. della Nazionale declinò l’invito e al suo posto andò Cavallero. E mancavano anche il radiocronista Nicolò Carosio, alle prese con la cresima del figlio; il calciatore Tommaso Maestrelli: invitato da Valentino Mazzola, il giocatore della Roma non riuscì a partire a causa del mancato rinnovo del passaporto; il presidente del Torino Ferruccio Novo, a letto a causa di una broncopolmonite.
La tragedia di Superga: l’incidente
Così il trimotore partì da Lisbona alle 9.40 di quel maledetto mercoledì del 4 maggio 1949. Il comandante del velivolo era il tenente colonnello Pierluigi Meroni. Il volo fece uno scalo a Barcellona alle 14.50, dirigendosi poi verso l’aeroporto di Torino.
Arrivato a Savona, l’aero virò verso nord per dirigersi verso Torino. In una mezz’oretta l’aereo sarebbe atterrato. Ma nel frattempo le condizioni meteo sopra al capoluogo sabaudo stavano peggiorando rapidamente. Alle 16.55, il controllo del traffico aereo dell’aeroporto segnalò ai politi la difficile situazione meteo: forti rovesci di pioggia, nuvole quasi a contatto col suolo, libeccio forte con raffiche e visibilità limitata a 40 metri.
Subito dopo la Torre chiese conferma della posizione e, dopo alcuni minuti di silenzio, alle 16.50 il capitano risposte che erano a quota 2mila metri e che stavano procedendo verso il radiofaro di Pino Torinese, tagliando poi su Superga.
Arrivato sulla verticale di Pino, con prua a 290°, l’aereo si doveva allineare con la pista di atterraggio, a 305 metri di altezza. Solo che poco più a nord di Pino Torinese troviamo Superga con la sua basilica, a 669 metri di altezza.
L’ipotesi è che, a causa del forte vento, durante la virata l’aereo abbia deviato verso destra. Questo sposò il velivolo dal sentiero di discesa previsto, allineandolo non con la pista, ma con la collina di Superga. Alcune indagini hanno fatto sospettare che, in quello stesso momento, l’altimetro si fosse bloccato sui 2mila metri e dunque i piloti probabilmente pensavano di trovarsi a quella quota. Ma in realtà erano a 600 metri dal suolo.
Alle ore 17.03, l’aereo virò a sinistra per inizia la manovra di avvicinamento. Ma trovandosi più in basso del previsto, finì con lo schiantarsi contro il terrapieno che si trova dietro la basilica di Superga. Lo schianto avvenne a una velocità di 180 km/h e fu tale che del velivolo rimase in parte intatto solo l’impennaggio, tutto il resto fu distrutto. Alle ore 17.05 la Torre cercò di contattare il volo, ma non ricevette risposta: tutte e 31 le persone a bordo morirono nello schianto.
Per il riconoscimento delle salme fu chiamato Vittorio Pozzo, mentre i funerali si svolsero il 6 maggio al Duomo di Torino. Più di 600mila persone parteciparono e fra di essi figuravano Giulio Andreotti, rappresentante del Governo e Ottorino Barassi, presidente della FIGC. La camera ardente si tenne a Palazzo Madama, mentre la radiocronaca in diretta del funerale fu affidata a Vittorio Veltroni, all’epoca redattore capo cronache della Rai.
A livello calcistico, ricordiamo però che il campionato non era ancora finito. Il Torino, persa la sua squadra, fu costretto a schierare in campo la Primavera per le ultime quattro partite. Inoltre, gli avversari di queste partite, cioè il Genoa, il Palermo, la Sampdoria e la Fiorentina, per rispetto ai colleghi, fecero la stessa cosa: anche loro schierarono le loro formazioni giovanili.
Alla fine del campionato il Torino ottenne il quinto scudetto consecutivo. Ma ormai la magia del Grande Torino era finita: la squadra avrebbe vinto nuovamente lo scudetto solamente 27 anni più tardi, nella stagione 1975-1976, non riuscendo più a tornare, calcisticamente parlando, ai fasti di quel tempo.
Fra l’altro lo shock causato dall’incidente fu così impattante che l’anno successivo, quando la Nazionale italiana dovette recarsi ai Mondiali in Brasile, scelse di viaggiare in nave e non in aereo, mettendoci due settimane ad arrivare.
Le vittime
Questi i nomi di coloro che persero la vita nell’incidente:
Calciatori
- Valerio Bacigalupo (25, portiere)
- Aldo Ballarin (27, difensore)
- Dino Ballarin (25, portiere)
- Émile Bongiorni (28, attaccante)
- Eusebio Castigliano (28, mediano)
- Rubens Fadini (21, centrocampista)
- Guglielmo Gabetto (33, attaccante)
- Ruggero Grava (27, centravanti)
- Giuseppe Grezar (30, mediano)
- Ezio Loik (29, mezzala destra)
- Virgilio Maroso (23, terzino sinistro)
- Danilo Martelli (25, mediano e mezzala)
- Valentino Mazzola (30, attaccante e centrocampista, capitano)
- Romeo Menti (29, attaccante)
- Piero Operto (22, difensore)
- Franco Ossola (27, attaccante)
- Mario Rigamonti (26, difensore)
- Július Schubert (26, mezzala)
Dirigenza
- Egidio Agnisetta (55, direttore generale)
- Ippolito Civalleri (66, dirigente accompagnatore)
- Andrea Bonaiuti (36, organizzatore delle trasferte)
Allenatori e staff
- Egri Erbstein (50, direttore tecnico)
- Leslie Lievesley (37, allenatore)
- Ottavio Cortina (52, massaggiatore)
Giornalisti
- Renato Casalbore (58, Tuttosport)
- Renato Tosatti (40, Gazzetta del Popolo)
- Luigi Cavallero (42, La Nuova Stampa),
Equipaggio
- Pierluigi Meroni (33, primo pilota)
- Cesare Bianciardi (34, secondo pilota)
- Celeste D’Incà (44, motorista)
- Antonio Pangrazzi (42, radiotelegrafista)